domenica 30 dicembre 2012
Risultati primarie parlamentari per Milano e provincia
N° DONNE Pref.
1 Pollastrini Barbara 4527
2 Quartapelle Lia 4344
3 Cimbro Eleonora 2372
4 De Biasi Emilia 2319
5 D'Amico Marilisa 2225
6 Bassoli Fiorenza 2173
7 Gasparini Daniela 1965
8 Brembilla Bruna 1893
9 Puccio Anna 1670
10 Malpezzi Simona 1543
11 Cova Ilaria 1333
12 Rancilio Laura 1058
13 Specchio Laura 939
14 Cardona Teresa 877
15 Cova Annapaola 784
16 Croatto Lorena 598
17 Vignola Adele 588
18 Terzoni Francesca 554
19 Tommasone Assunta 520
N° UOMINI Pref.
1 Mauri Matteo 3921
2 Mirabelli Franco 3747
3 Fiano Emanuele 3739
4 Laforgia Francesco 3694
5 Peluffo Vinicio 2658
6 Cova Paolo 2456
7 Casati Ezio 2272
8 Prina Francesco 1520
9 Messina Gabriele 1415
10 Martinelli Ettore 1316
11 Vimercati Luigi 1250
12 Quartiani Erminio 992
13 Campione Marco 732
14 Schieppati Augusto 529
15 Cazzola Giorgio 468
16 Sorbi Mattia 311
17 Prino Alessandro 168
18 Lamperti Angelo 165
mercoledì 12 dicembre 2012
PRIMARIE REGIONALI DEL CENTRO SINISTRA
Desideriamo ringraziarvi per la straordinaria partecipazione alle primarie del leader del Centro Sinistra; anche a Basiglio la partecipazione è stata notevole e come sempre corrisponde positivamente a momenti importanti della vita politica, anche in previsione degli avvenimenti elettorali sia nazionali che amministrativi locali .
Un grazie a Bersani ed a Renzi , due forti personalita del PD , per essersi confrontati democraticamente in modo autentico ma leale , mobilitando intorno a loro le migliori energie di questo Paese.Le primarie si sono dimostrate ancora una volta un grande strumento di partecipazione e di confronto in grado di riavvicinarci alla politica, fare emergere idee forti e leader in grado di portarle avanti.
Il Partito Democratico ne esce come la forza trainante, in grado di guidare l'Italia verso una rinascita dopo gli anni bui del berlusconismo.
Un partito che ha dimostrato di saper esprimere dei leader, di non aver paura di confrontarsi e rinnovarsi.
Le idee di Bersani ed i suoi valori, le sue priorità sono da sempre nostri, i diritti dei cittadini prima di tutto,lavoro, scuola, ambiente ,salute come priorità. Parità di genere nella società e in politica.
Fare politica guardando negli occhi le persone, rimanendo sempre cittadino fra i cittadini.
Politica intesa come servizio al cittadino per il bene comune.
Matteo Renzi ha allargato il consenso intorno al centrosinistra, ed ha anche arricchito la base di discussione comune con parole che da sempre ci appartengono, come: meritocrazia, innovazione, cambiamento rilanciandone però il senso e la portata.
Un grazie a tutti coloro che hanno partecipato a questa avvincente competizione .
Infine vi ricordamo che Sabato 15 Dicembre 2012
si vota per le Primarie per scegliere il candidato del centrosinistra alla Presidenza della Regione Lombardia .
Consultando il link sotto indicato prenderete visione di tutte le modalità di voto e dei profili dei tre candidati in lizza.
A Basiglio si vota dalle ore 8,00 alle ore 20,00 sempre presso la Sala Azzurra del Comune .
Vi aspettiamo.
Daniela Re e Giovanni Monaco
http://www.pattocivicolombardia.it/
martedì 27 novembre 2012
Risultati 1° turno Primarie a Basiglio .
Ecco i risultati definitivi a Basiglio delle primarie
del 25 novembre 2012 a Basiglio
Votanti 498
Vendola 073 14,66%
Bersani 130 26,10%
Puppato 010 02,01%
Tabacci 003 00,60%
Renzi 282 56,63%
La partecipazione al voto qui a Basiglio è da ritenersi straordinaria per il numero dei votanti che, pur essendo in linea con le precedenti primarie, in questo momento buio della vita politica del paese rappresenta la risposta positiva ad un grande impegno svolto in questi anni dal PD sul teritorio di Basiglio che, non dimentichiamolo, è governato da un decennio forze berlusconiane.
Il PD è stato l'unico partito che in modo costante e coerente ha portato avanti le istanze e le battaglie dei cittadini sia con i propri banchetti nelle strade che con la pressante opposizione in Consiglio Comunale.
La grande voglia di cambiamento espressa con il risultato premia questa consuetudine politica all'attenzione ai bisogni e alle speranze dei cittadini che nel centrosinistra riconoscono la base per costruire una alternativa politica credibile all'amministrazione uscente.
A livello Nazionale il risultato è questo:
nel dettaglio, su 73.810 elettori (73.648 voti validi),
il 46,92% ha votato per Bersani,
il 42,09% per Renzi,
l'8,02% per Vendola,
il 2,39% per Puppato
e lo 0,58% per Tabacci.
Anche questa grande partecipazione a livello Nazionale evidenzia la risposta della buona Politica a chi vorrebbe commissariare la democrazia dando un "mandato" a forze che su diversi versanti lavorano allo "sfascimo" dellle istituzioni.
Una grande prova di Democrazia diretta che ha dato buoni frutti di organizzazione fatta da migliaia volontari in tutta Italia , così come ci viene riconosciuto da tutti gli osservatori.
Pertanto Domenica 2 Dicembre 2012 dalle ore 8 alle ore 20,00 presso la Sala Azzurra del Comune di Basiglio, siamo tutti chiamati ad esprimere la nostra preferenza fra i primi due candidati, Bersani e Renzi , per scegliere il chi guiderà la Coalizione del CentroSinistra alle prossime elezioni politiche.
Che vinca il migliore...per il momento hanno vinto sicuramente i cittadini, i volontari e la Buona Politica.
Vi aspettiamo
Daniela Re Giovanni Monaco
Capo Gruppo PD Cordinamento Circolo PD
Approvazione PGT - la Democrazia a Basiglio è a Lutto!
ANCORA NO AL PGT DI CIRILLO E DELLA SUA MAGGIORANZA
CHE PREVEDE UN CONSUMO DI SUOLO 30% SU AREE A VERDE
Cari concittadini
Mercoledì 28 Novembre 2012 ore 21,15
il Sindaco di Basiglio e la sua Maggioranza incurante delle voci dei cittadini, che da due anni circa chiedono di essere ascoltati attraverso il Referendum, approva il famigerato PGT che prevede una colata di cemento sul territorio a sfavore di aree verdi.
La cittadinanza, grazie ai Comitati dei Cittadini ed al PD, aveva firmato per potersi esprimere tramite il Referendum Consultivo, ma giochi di palazzo hanno reso questo sforzo inutile e ne chiederemo conto ai responsabili .
Non solo, ma avevamo anche chiesto con tenacia al Sindaco di indire lui la consultazione popolare, ma anche questo è stato negato.
Il peso politico / morale di questa scelta pesa come un macigno sui dieci anni di governo di questa amministrazione che già per altre ragioni aveva indispettito e vessato la cittadinanza.
Non diamoci per vinti.... noi siamo dei cittadini caparbi , Mercoledì sera presentiamoci di nuovo in Consiglio Comunale a Basiglio con un nastrino a lutto per denunciare l’ "Offesa a Morte" della Democrazia e vedere la faccia del Sindaco e quella dei suoi consiglieri che con il loro voto sanciranno una delle pagine più brutte e scellerate di questa cittadina.
Non mancate , con il nastro a lutto, che distribuiremo all'inizio del Consiglio Comunale, appuntato sul petto dove ancora batte il cuore della Libertà, della Partecipazione e della Democrazia.
Condividete con i vostri contatti questa iniziativa.
Grazie
Daniela Re Giovanni Monaco
Capo Gruppo PD Coordinamento Circolo PD
domenica 18 novembre 2012
PRIMARIE a Basiglio!
Primarie del CentroSinistra :
Continuano le iscrizioni , non mancate
Sabato 24 novembre, per chi non lo avesse fatto il 17 novembre,
dalle ore 10,00 alle ore 18
Gazebo presso Centro Commerciale Milano3.
Domenica, 25 novembre VOTAZIONE ed iscrizione,
per chi non lo avesse fatto il 17 ed il 24 novembre
presso il Seggio elettorale situato nella Sala Azzurra del Municipio di Basiglio
Piazza Leonardo da Vinci –Mi3
"La Libertà è Partecipazione..." (Gaber)
venerdì 16 novembre 2012
I SENZA VERGOGNA !!!
Il Sindaco Cirillo e la sua Maggioranza, sul sito del Comune di Basiglio, hanno fatto pubblicare un lacrimevole Comunicato Stampa dove annunciano al mondo intero che si sono visti sottrarre altri fondi dal Governo e quindi non possono comprare la divise per i Vigili Urbani.
Non ci lasciamo prendere in giro e chiediamo al Sindaco e alla sua Maggioranza perché non hanno destinato a questa voce di spesa i fondi impiegati per il “pacco dono” di volantini e cartine colorate sul “loro” PGT, per un peso stimato in 3 quintali di carta, distribuito alla famiglie di Basiglio?
Quanti €uro sono stati spesi per questo Signor Sindaco?
Riteniamo offensive le affermazioni su questa presunta situazione economica del Comune sull’orlo del disastro, quando si continua a procedere con spese voluttuarie (vedi i fuochi d’artificio per la festa patronale di Settembre) che si potevano impiegare meglio.
Per le penne e le matite che, conclude il Sindaco nel comunicato, “si dovranno portare da casa” , suggeriamo al medesimo di regalare agli uffici amministrativi quelle che sono avanzate dalla sua campagna elettorale e che donava ai probabili elettori…avevano il suo nome e resteranno per tutti una piccola reliquia che testimonierà il suo, per fortuna finito, regno nel Comune di Basiglio.
Abbiamo da tempo capito che questo “pianto greco” (sic!) è finalizzato solo a premere psicologicamente sui cittadini per far loro ingoiare quel rospo di PGT, che a suo dire , con gli Oneri di Urbanizzazione dovrebbe risolvere tutti i problemi…e continua così a minacciare di bloccare o ridurre i servizi del Comune: basterebbe eliminare gli sprechi per mantenere e migliore i servizi.
Non ci incanta Signor Sindaco! Proceda invece celermente a far si che i cittadini possano esprimersi con il Referendum in merito al suo PGT…compia finalmente un atto democratico con cui un domani si possa dire : “Il PGT era quel che era…ma lui era un vero Sindaco di tutti!”
Noi continuiamo a premere per dare alla cittadinanza la possibilità di esprimere il proprio parere, non ci rassegniamo a questi giochi di palazzo che di fatto hanno bloccato la procedura referendaria.
Giovanni Monaco Re Daniela Coordinamento Circolo PD Capogruppo Consiliare PD
mercoledì 14 novembre 2012
Primarie Nazionali PD a Basiglio
A BASIGLIO DOVE POSSO ISCRIVERMI PER VOTARE?
Sarà possibile iscriversi e votare nei seguenti luoghi e con i seguenti orari:
Sabato 17 novembre
iscrizione
10,00-18.00
Gazebo presso Centro Commerciale Milano3
Sabato 24 novembre
iscrizione, per chi non lo avesse fatto il 17 novembre
10,00-18,00
Gazebo presso Centro Commerciale Milano3
Domenica, 25 novembre
VOTAZIONE ed iscrizione, per chi non lo avesse fatto il 17 ed il 24 novembre presso il gazebo
8,00-20,00
Seggio elettorale presso Sala Azzurra del Municipio di Basiglio
Piazza Leonardo da Vinci –Mi3
domenica 11 novembre 2012
mercoledì 7 novembre 2012
venerdì 2 novembre 2012
sabato 27 ottobre 2012
Consiglio Comunale 31 ottobre 2012 ore 21.15 Aula Consiliare
o.d.g.:
1) Lettura ed approvazione verbali seduta del 26.9.2012
2) Comunicazione delibera G.C. n. 67 del 10.9.2012 ad oggetto prelievo dal fondo di riserva.
3) Approvazione di una nuova convenzione per lo svolgimento in forma associata del servizio di segreteria comunale.
venerdì 26 ottobre 2012
Convegno 26 ottobre 2012:FLOP DEL SINDACO E DELLA SUA MAGGIORANZA
Flop del Sindaco che ha tentato ancora una volta di raggirare i cittadini su temi ambientali e il PGT (l'Aula consiliare era deserta). Subito il Referendum e Dimissioni!!!
PGT di Basiglio : Gli Amici della Terra SMENTISCONO il Sindaco Cirillo e anche il loro esponente Apuzzo!!!
Non servono "gli esperti/architetti,professori" per indorare l'amara pillola che ci viene somministrata arbitrariamente dal nostro Sindaco e dalla sua maggioranza di centro destra.
Tutti noi abitanti di Basiglio siamo consapevoli che il Pgt non è sostenibile e che stravolgerà massicciamente il nostro territorio ed è per questo che è in atto una lunga battaglia che ci vede costantemente in azione per evitare tale scempio dove ci vediamo negare dal Sindaco e dalla sua maggioranza persino un diritto democratico quale il Referendum sul PGT.
I costi dei Convegni, gli spot pubblicitari pro pgt, i volantini patinati che ci vengono somministrati costantemente e da lungo tempo , le varie collaborazioni discutibili,ed altro, sono il frutto di una cattiva gestione amministrativa e di non considerazione della revisione della spesa pubblica che non condiviamo affatto e che abbiamo messo costantemente in discussione ma la risposta che ci è sempre stata data è che noi viviamo in un "Paese dei sogni".
Dato che il nostro invece è il PAESE REALE, nel continuare la battaglia NO PGT, SI' REVISIONE DELLA SPESA, diciamo BASTA MANDIAMOLIA CASA L'ANNO PROSSIMO, non considerate più chi non vi garantisce NO NUOVI INSEDIAMENTI a Basiglio e gestione della spesa pubblica corretta.
Inoltre vi alleghiamo il comunicato di SMENTITA della posizione di Apuzzo ricevuto dall'Associazione AMICI DELLA TERRA Club di Opera (Mi) Augusto Sandolo .
Ci auguriamo che lo stesso Apuzzo voglia in occasione del Convegno qui a Basiglio, chiarire definitivamente la sua posizione che risulta ora "del tutto personale e non vincolante" .
Questa è la prova che anche se si fa parte della stessa "associazione" si può avere una posizione diversa se si è presenti concretamente sul territorio.
Daniela Re Consigliere Comunale PD
Giovanni Monaco Coordinamento Circolo PD "E. Biagi" di Basiglio
giovedì 25 ottobre 2012
SMENTITA della posizione di Apuzzo che abbiamo ricevuto dall'Associazione AMICI DELLA TERRA Club di Opera (Mi)
Comunicato di SMENTITA della posizione di Apuzzo che abbiamo ricevuto dall'Associazione AMICI DELLA TERRA Club di Opera (Mi) a firma diAugusto Sandolo .
Nota Stampa
Ambiente: dubbi sul PGT di Basiglio da parte del Club di Amici della Terra di Opera
Opera, 25 Luglio 2012. In queste settimane è in corso un confronto aspro sul Piano di Governo del Territorio di Basiglio e di molti Comuni del Sud Mil
ano che rischiano di erodere territorio al parco Sud, destinandolo, in alcuni casi, alla cementificazione.
A Basiglio e Milano 3 è perfino previsto un referendum consultivo.
Il Club di Amici della Terra di Opera, da anni impegnato sul versante della tutela del territorio e del Parco Sud, intende puntualizzare la posizione dell’Associazione in merito al PGT di Basiglio. L’Associazione regionale, per bocca del suo Presidente, ha espresso un giudizio sostanzialmente positivo, con alcune criticità. Il nostro giudizio sul piano di Governo del Territorio della vicina Basiglio è meno entusiasta e intendiamo puntualizzare alcuni aspetti di criticità dello stesso. In sostanza, nei prossimi anni, il Piano prevede la crescita della popolazione di Basiglio di 1.900 unità, con richiesta di maggiori servizi e costruzioni per circa 200 – 300 mila metri cubi.
Le costruzioni sottrarranno territorio oggi non urbanizzato alla natura e a potenziali altri servizi a verde per la città. Da queste scelte scaturisce il nostro giudizio sostanzialmente negativo verso tale PGT e verso tutti i PGT dei Comuni della provincia di Milano che prevedono tali interventi, come quello di Basiglio."
"Amici della Terra Lombardia, Club di Opera (Mi)
Augusto Sandolo
Un convengo inutile e costoso
ANCORA UNA VOLTA VENGONO BUTTATI DALLA FINESTRA I SOLDI DEI CITTADINI.
ed il Sindaco e la sua maggioranza di centro destra proseguono imperterriti nel loro cammino .
Non servono "gli esperti/architetti,professori" per indorare l'amara pillola che ci viene somministrata arbitrariamente dal nostro Sindaco e dalla sua maggioranza di centro destra.
Tutti noi abitanti di Basiglio siamo consapevoli che il Pgt non è sostenibile e che stravolgerà massicciamente il nostro territorio ed è per questo che è in atto una lunga battaglia che ci vede costantemente in azione per evitare tale scempio dove ci vediamo negare dal Sindaco e dalla sua maggioranza persino un diritto democratico quale il Referendum sul PGT.
I costi dei Convegni, gli spot pubblicitari pro pgt, i volantini patinati che ci vengono somministrati costantemente e da lungo tempo , le varie collaborazioni discutibili,ed altro, sono il frutto di una cattiva gestione amministrativa e di non considerazione della revisione della spesa pubblica che non condiviamo affatto e che abbiamo messo costantemente in discussione ma la risposta che ci è sempre stata data è che noi viviamo in un "Paese dei sogni".
Dato che il nostro invece è il PAESE REALE, nel continuare la battaglia NO PGT, SI' REVISIONE DELLA SPESA, diciamo BASTA MANDIAMOLIA CASA L'ANNO PROSSIMO, non considerate più chi non vi garantisce NO NUOVI INSEDIAMENTI a Basiglio e gestione della spesa pubblica corretta.
Inoltre vi alleghiamo il comunicato di SMENTITA della posizione di Apuzzo ricevuto dall'Associazione AMICI DELLA TERRA Club di Opera (Mi) a firma diAugusto Sandolo .
Ci auguriamo che lo stesso Apuzzo voglia in occasione del Convegno qui a Basiglio, chiarire definitivamente la sua posizione che risulta ora "del tutto personale e non vincolante" .
Questa è la prova che anche se si fa parte della stessa "associazione" si può avere una posizione diversa se si è presenti concretamente sul territorio.
Daniela Re Consigliere Comunale PD Giovanni Monaco Coordinamento PD
Matteo Antonio Corona
del Comitato territoriale di Basiglio-Mi3
Salviamo il Paesaggio Difendiamo i Territori
giovedì 11 ottobre 2012
venerdì 5 ottobre 2012
ULTIME FASI DEL PGT di BASIGLIO
•4 luglio 2012 Consiglio Comunale : Adozione del PGT delibera n. 15 (è stato adottato dalla maggioranza).
•10 settembre 2012 : termine ultimo per presentare le Osservazioni al Comune di Basiglio(osservazioni presentate).
•Alla Provincia di Milano, al Consiglio Direttivo del Parco Sud della Provincia di Milano, alla Regione che esprimono pareri di compatibilità (ottobre).
•Il Comune recepisce tali pareri, contro deduce le osservazioni, i pareri degli enti e approva definitivamente il Piano (dicembre 2012).
•Nel caso in cui il Comune contro deduce un parere, di uno degli enti non accettando le prescrizioni si prefigura un possibile ricorso al Tar da parte dell’Ente che lo ha emesso.
Abbiamo presentato innumerevoli Osservazioni al PGT di Basiglio ,con dati tecnici e approfondimenti pertinenti) protocollate,nei termini di legge, oltre che al Comune di Basiglio, anche alla Provincia di Milano, al Parco Sud della Provincia di Milano, alla Regione Lombardia , per mettere in luce le contraddizioni del medesimo, nella sua forma e nella sua sostanza strategica di scelte indirizzate a finalità non condivise né da noi né dalla maggioranza dei cittadini.
Osservazioni che dimostrano quanto il PGT adottato sia: sovradimensionato rispetto alle reali necessità di Basiglio e mostri punti poco chiari (esempio lo spostamento delle volumetrie nelle aree a servizi); le nuove aree di trasformazione interessano superfici attualmente ad uso agricolo per un totale di circa 300.000mq; pone scarsa attenzione al tema del recupero del patrimonio esistente; negli ambiti di trasformazione sono previste tipologie edilizie che variano dai 4 ai 7 piani di altezza che impatterebbero negativamente sulle aree di contesto e valore ambientale(vedi parco sud provincia di milano); le nuove costruzioni inducono nuovo traffico che richiede infrastrutture e parcheggi che impatterebbero negativamente sull’ambiente .
Per quanto riguarda il Consiglio Direttivo del Parco Sud della Provincia di Milano, organo amministrativo ( composto dal Presidente della Provincia , da alcuni Sindaci dei Comuni, Consiglieri provinciali e Comunali sia della maggioranza che della minoranza,che ha la funzione di gestire il Parco in concomitanza con il consiglio provinciale ) , può emettere prescrizioni obbligatorie e motivate ai PGT.
Tra breve sarà valutato il PGT di Basiglio e ci stiamo muovendo a livello provinciale per consentire lo stralcio , forte riduzione delle aree edificabili, impedendo così la speculazione di interre aree del nostro territorio.
Vi terremo aggiornati sull’evolversi della situazione
Cordialmente
Daniela Re e Giovanni Monaco
PGT - REFERENDUM : Il Sindaco e la sua maggioranza "se ne lavano le mani"
Il 26 Settembre 2012 si è svolto a Basiglio il Consiglio Comunale che prevedeva la nomina del Componente Esperto in sostituzione del precedente, dimissionario, nell’ambito del Comitato dei Garanti che deve ( quando? ) compiere le ultime operazioni essenziali per avallare definitivamente la richiesta del Referendum Consultivo proposto dal Comitato dei Cittadini e da noi fortemente sostenuto.
Da parte del PD si è denunciato immediatamente questa “strana combinazione” di dimissioni dal Comitato dei Garanti (Esperto , Segretario Comunale e Giudice di Pace) che di fatto hanno impedito l’ultimo atto propedeutico all’indizione del Referendum da parte del Consiglio Comunale.
Il Sindaco e la sua maggioranza , accolti quella sera da una folla di manifestanti con striscioni e cartelli , con un volantino si è giustificato prendendo le distanze dall’operato della Commissione dei Garanti di cui , ha sottolineato, non è componente , addossando la responsabilità del fallimento dei lavori della Commissione a chi la presiede . Ponzio Pilato ha trovato un altro degno seguace.
Una volta iniziato il Consiglio Comunale , il Capo Gruppo PD Daniela Re ha dichiarato con fermezza la sua indisponibilità a proseguire i lavori consiliari se prima non fosse stato risolto il problema dell’indizione del Referendum frenato da queste “dimissioni ad orologeria”.
Ha invitato il Sindaco a farsi carico in quella sede di indicare la data del Referendum e a stanziare i fondi dovuti per il suo svolgimento e ad indire egli stesso il Referendum come fece il Sindaco Moneta nel 1993. Al rifiuto caparbio del Sindaco, i Consiglieri del PD insieme agli altri consiglieri dell’opposizione hanno lasciato l’aula e si sono uniti alla maggioranza dei manifestanti ed hanno continuato a contestare pacificamente il Sindaco e la sua maggioranza fino alla fine del Consiglio Comunale.
Non finisce qui questa nostra azione di contrasto al cemento a Basiglio! Basiglio deve rimanere la città del verde.
Si stanno valutando altre iniziative pubbliche ed anche legali per arrivare ad ottenere ciò che democraticamente ci siamo guadagnati raccogliendo le firme nel mese di Luglio e c’è dovuto come cittadini di questa Repubblica : il Referendum Consultivo !
Giovanni Monaco per il Coordinamento del Circolo PD - Daniela Re Consigliere Comunale CapoGruppo PD
martedì 25 settembre 2012
REFERENDUM SUBITO!!!
TROVIAMOCI TUTTI,
MERCOLEDI’ 26 SETTEMBRE ALLE ORE 21.15 DAVANTI AL COMUNE
PER DIRE SI' AL REFERENDUM DA SUBITO!
Mercoledì 26 settembre alle ore 21.15
Il Sindaco convoca il Consiglio Comunale
e l'o.d.g. non prevede né l’individuazione della data del Referendum
né il relativo stanziamento dei fondi
Come abbiamo già detto per indire il Referendum occorre che il Comitato dei Garanti verifichi la regolarità delle firme presentate , dichiari ammessa la regolarità e la richiesta del Referendum ed il Sindaco deve convocare , i Capigruppo consiliari , il Comitato Referendario ed il Consiglio Comunale per l’indizione del Referendum CHE DEVE ESSERE PROCLAMATO ENTRO OTTOBRE, quindi da parte nostra è già stata inviata una lettera di sollecito al Sindaco ed alla sua maggioranza per convocare urgentemente il Consiglio Comunale per l’indizione del referendum.
Però, dopo avere trascorso l’estate raccogliendo le firme necessarie, regolarmente depositate nei termini di legge, con la straordinaria partecipazione dei cittadini decisi a dire no a nuovi sviluppi residenziali, inspiegabilmente, ad un passo dal risultato finale viene ritardata la conclusione dell’iter referendario, in quanto alcuni componenti del Comitato dei Garanti ( Esperto Nominato dal Sindaco , il Giudice di Pace e il Segretario Comunale indicato dal Sindaco) si dimettono a catena ed il Difensore Civico, nominata dalla Maggioranza, comunica la sua impossibilità.
Il Sindaco con la sua maggioranza non fanno nulla per proclamare il Referendum neanche di fronte a tutti i cittadini che lo vogliono.
Auspichiamo che sia il Sindaco che la sua maggioranza seguano l’esempio dei componenti del Comitato dimettendosi da subito, concedendo così ai cittadini l’opportunità di un cambiamento radicale!
TROVIAMOCI TUTTI,
MERCOLEDI’ 26 SETTEMBRE ALLE ORE 21.15 DAVANTI AL COMUNE
PER TESTIMONIARE PACIFICAMENTE E CON DETERMINAZIONE
LA CONTRARIETA’ A QUESTA AMMINISTRAZIONE
CHE NON E’ A FAVORE DELLA VOLONTA’ DEI CITTADINI
E PER DIRE SI’ AL REFERENDUM DA SUBITO!
Daniela Re Capo Gruppo Consiliare PD
Giovanni Monaco per il Coordinamento del Circolo PD
domenica 23 settembre 2012
ECODEM : “AREE DISMESSE: PROBLEMA O OPPORTUNITÀ?”
29 SETTEMBRE 2012 - VILLA LITTA, LAINATE (Mi)
9.00 SALUTI E INTRODUZIONE
Luca Elia, Responsabile EcoDem Milano; Stefano Facchi, Presidente EcoDem Lombardia
9.15 STRATEGIE, STRUMENTI E BUONE PRATICHE PER LA RIGENERAZIONE DELLA CITTÀ
IL CENSIMENTO DELLE AREE DISMESSE IN LOMBARDIA
Luca Minnella, Direzione Generale Territorio e Urbanistica Regione Lombardia
PRIMA LE AREE DISMESSE: PER UNA NORMATIVA COGENTE DEL CONSUMO DI SUOLO
Francesco Prina, Consigliere PD Regione Lombardia
TORINO: LUCI ED OMBRE NELLA RIGENERAZIONE DELLA CITTÀ-FABBRICA DEL NORD OVEST
Agata Spaziante, DIST Politecnico di Torino
LA MATRICE DELLA QUALITÀ URBANA DI AUDIS. L’APPLICAZIONE A ROMA CAPITALE
Marina Dragotto, Coordinatore AUDIS – Associazione Aree Urbane Dismesse, Venezia
10.15 EX ALFA DI ARESE: UN’OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO?
Coordina: Angela Fioroni, Segretaria Legautomie Lombardia
Discutono: Giuseppe Augurusa, già Candidato Sindaco Centro Sinistra Arese; Marino Borroni, Consigliere
Comunale Lainate, Capogruppo PD; Piermauro Pioli, Sindaco di Garbagnate Mil.se; Pietro Romano, Sindaco
di Rho
11.00 RIFLESSIONI ED ESPERIENZE DI AMMINISTRAZIONE LOCALE
Coordina: Ignazio Ravasi, EcoDem Lombardia
Intervengono: Elena Buscemi, Consigliere Comunale di Milano; Giovanni Cannistrà, Assessore Pieve
Emanuele; Andrea Checchi, Sindaco di San Donato Mil.se; Eugenio Comincini, Sindaco di Cernusco sul
Naviglio; Paolo Cova, Consigliere Provinciale Milano; Roberto Della Rovere, Sindaco di Cesate; Fabio
Gualandri, Consigliere Zona 8 Comune di Milano; Emilio Guastamacchia, Assessore Corsico; Daniela Re,
Consigliere Comunale Basiglio, Capogruppo PD; Marco Re Coordinatore PD Magentino-Abbiatense;
Giacomo Selmi, Consigliere Zona 1 Comune di Milano; Francesco Vassallo, Consigliere Comunale Bollate,
Capogruppo PD
12.15 CONTRIBUTI PER LA CITTÀ METROPOLITANA
Roberto Cornelli, Segretario PD Metropolitano; Luca Elia, Responsabile Ecodem Milano; Carlo Monguzzi,
Consigliere Comunale Milano
12.30 DIBATTITO
13.00 PAUSA PRANZO
14.00 CONGRESSO PROVINCIALE ASSOCIAZIONE ECOLOGISTI DEMOCRATICI MILANO
venerdì 21 settembre 2012
PGT : Sollecito al Sindaco per indire il Referendum
URGENTE
.Egr. Sig. Marco Cirillo
Sindaco Comune di Basiglio
.Al Segretario Comunale
.Alla Giunta Comunale
.Ai Consiglieri Comunali
.e.p.c. Al Comitato dei Garanti
.e.p.c. al Comitato Referendario
Comune di Basiglio
Oggetto: PGT Piano di Governo del Territorio di Basiglio
Considerato i tempi stretti per l'approvazione del PGT prevista entro dicembre 2012, vista la normativa regionale, si chiede di sveltire nei tempi l'iter referendario convocando, appena ricevuta l'ammissibilità della richiesta del referendum dal Comitato dei Garanti, i Capigruppo Consiliari, il Comitato referendario ed il Consiglio Comunale, come da Regolamento sulla Partecipazione all'Amministrazione Comunale di Basiglio, affinchè si possa indire entro ottobre il Referendum consultivo sul PGT di Basiglio.
10 Settembre 2012
Daniela Re
Capogruppo Consiliare PD
domenica 9 settembre 2012
Intervento di Bersani alla Festa Nazionale PD di Reggio Emilia.
Care Democratiche e cari Democratici,
eccoci qui. Siamo tanti qui e siamo stati tanti, tantissimi, nelle oltre duemila feste che abbiamo organizzato ovunque. Siamo un partito capace di rimboccarci le maniche. Siamo un partito popolare. Siamo un partito libero, senza padroni.
Abbiamo radici in ogni luogo del paese e vogliamo bene alle nostre comunità, ciascuno di noi alla sua. Ma tutti assieme vogliamo bene all’Italia. Le vogliamo bene e tuttavia non ci piace ancora abbastanza. Ci piacerà davvero solo quando sarà garantito il diritto di ognuno di studiare, di lavorare, di aver soccorso nel bisogno, senza discriminazioni e senza mai dover mendicare un diritto con il cappello in mano. E neppure il mondo così come è, ci piace abbastanza. Per la violenza che lo agita, per le guerre e il sangue sparso fino alle porte di casa nostra. La pace può venire solo dalla libertà. Noi siamo amici di ogni donna e di ogni uomo che nel mondo ha la forza di alzarsi in piedi e battersi per la sua libertà e per la sua dignità. Così siamo noi. E sono questi valori che ci fanno più forti delle nostre debolezze. Questi valori sono le radici, i rami e le foglie della nostra pianta. Sono la strada che abbiamo fatto e quella che abbiamo davanti. Questi valori fanno sentire nostra una storia di emancipazione, di progresso, di democrazia, lunga più di un secolo e ci consegnano il compito di essere il partito riformista del secolo nuovo.
Diciamo questo a Reggio Emilia, città simbolo della nobiltà della politica, nel cuore stesso della tradizione nazionale, democratica, e progressista italiana. Città del tricolore, come tutti sappiamo. Ma, aggiungo, città del Gonfalone e del tricolore, della autonomia e dell’unità della nazione. Città della Resistenza, delle battaglie partigiane, città di costituenti: Nilde Iotti, Giuseppe Dossetti. Città del lavoro, della lotta per l’emancipazione delle terre, per la dignità del mondo operaio, per lo sviluppo armonico di uno straordinario sistema di imprese.
E Reggio Emilia, città di oggi, che ancora ci stupisce per come economia e società riescano a darsi la mano sulle frontiere del futuro: l’educazione dell’infanzia, l’integrazione dei nuovi italiani.
Grazie dunque, Reggio Emilia. Grazie al tuo Sindaco, agli amministratori di tutta la provincia, grazie allo straordinario partito di Reggio Emilia, alla federazione del PD e a tutti i circoli che si sono impegnati in questa festa. E grazie ancora una volta ai volontari che con uno sforzo immenso hanno saputo ripetere il miracolo e ci hanno regalato il più grande appuntamento di popolo che si svolga in Italia. Grazie ai volontari di tutte le nostre feste, piccole e grandi. Un ricordo commosso per Gabrio Maraldi, grande e amatissimo amministratore del Comune di Ravenna, morto sulla festa, alla fine del suo impegno di volontario nelle cucine. E un abbraccio ai suoi amici e compagni di una vita che, asciugate le lacrime, hanno voluto continuare il lavoro.
Molti non lo sanno, ma poco lontano da qui, nei paesi del terremoto, si sono comunque tenute alcune feste del partito democratico. Una cosa incredibile e commovente. Così come incredibile e commovente, dentro l’impegno di tutti e che va riconosciuto a tutti nella tragedia del terremoto, è stato l’impegno, lasciatemelo dire, dei nostri militanti, delle nostre organizzazioni di partito, dei nostri amministratori di comuni, province e regioni. Davanti ad un compito enorme: la drammatica emergenza, il primo riparo, le nuove scosse, la nuova emergenza, e quindi le verifiche di agibilità, gli interventi di messa in sicurezza, i ripristini; e normative nazionali e regionali da allestire, i criteri delle operazioni da avviare, le regole per le gare, per le verifiche, per tener fuori la mafia; reti istituzionali da attrezzare e da ricomporre a cominciare dai comuni. Stiamo parlando di quarantamila case, di tremila aziende per trentasemila lavoratori, di quattrocento scuole danneggiate per diciottomila studenti. Si è fatto un lavoro enorme e c’è ancora un lavoro enorme e molto lungo da fare; ci sono difficoltà, problemi, questioni non risolte. Le popolazioni soffrono ancora e devono sentire tutto il nostro affetto e la nostra solidarietà. Ma da ottobre nei comuni del terremoto si tornerà a scuola, tutti i bambini e le bambine, le ragazze e i ragazzi torneranno a scuola. Si è partiti da lì, dalla scuola. Non è questo il più grande segno di fiducia?
L’Emilia colpita risorgerà, risorgerà come era prima. Qui non ci saranno new town. Torneranno abitabili le case, si ricostruiranno le scuole, le fabbriche e i laboratori torneranno a produrre, i centri storici risorgeranno. E lo faremo con rigore, con serietà. Sarà un lavoro fatto in casa, come usa qui, senza poteri esterni o lontani, ma nella trasparenza, nella partecipazione, con i poteri democratici locali al comando. Faremo vedere ancora una volta che l’efficienza è figlia di una buona democrazia!
Care Democratiche e Democratici, Cari amici e compagni,
tutta la grande area dei democratici e progressisti italiani, fatta di tante teste ma di un solo cuore, è di fronte oggi ad una scelta dirimente, ad una scelta storica. Il passaggio che abbiamo davanti è un passaggio d’epoca per l’Europa e per l’Italia. È tempo di uno sguardo largo e profondo sulle cose. C’è un grande cambiamento in corso e questo cambiamento si accompagna per l’Italia alla fase più difficile della storia repubblicana. Per la prima volta il Paese vive un processo di impoverimento, mentre la democrazia repubblicana soffre di un indebolimento pericoloso. Ecco allora la semplice e drammatica domanda. Siamo pronti noi, Partito Democratico e noi democratici e progressisti italiani, con i nostri valori di uguaglianza, di civismo, di libertà; siamo pronti a prenderci la responsabilità di governare l’Italia nel suo momento più difficile? È questo che vogliamo, con convinzione, proporre agli italiani? O invece vogliamo sottrarci, vogliamo scansare? O invece ci spaventa scalare la montagna? Ve lo dico col cuore: chiariamo bene questo prima di metterci in marcia. È una domanda vera, quella che faccio. Ci sono mille modi, anche dal lato delle culture democratiche, per sfuggire a questa responsabilità. Li conosciamo. Sono i modi dell’ambiguità e degli eterni distinguo, della divagazione, della testimonianza purista che non conosce mediazione, o sono i modi di quel massimalismo che salva la coscienza e allontana il calice amaro delle responsabilità e dei doveri. Io dico che se i riformisti italiani si sottraessero oggi all’appuntamento più difficile non avrebbero diritto ad averne altri.
Dunque, diremo al Paese che vogliamo prenderci le nostre responsabilità. Diremo al Paese che conosciamo il nostro compito: farlo uscire da un destino di arretramento e farlo uscire con meno disuguaglianza, con più lavoro e con una democrazia funzionante e pulita. E diremo al Paese che non sarà il compito di un giorno, che ci vorrà una riscossa collettiva che vada oltre la politica, e che non ci tremerà il polso davanti alle difficoltà e ai problemi. Rimetteremo in cammino la fiducia, rimetteremo in cammino una idea di futuro senza sbandierare favole o miracoli e mettendoci invece a muso duro contro gli imbonitori, i venditori di fumo che porterebbero il Paese alla catastrofe.
Sarà un confronto aspro e incerto, quello dei prossimi mesi. Per tagliare la strada ai riformisti si muoveranno forze antiche e nuove o travestite “di nuovo”, che si stanno già muovendo, in realtà. L’atmosfera potrà farsi pesante, le acque si faranno torbide. Ne abbiamo chiari segni, addirittura attorno al presidio più alto di tenuta delle istituzioni. Attorno al Presidente della Repubblica. Attorno ad una istituzione cruciale per l’equilibrio del sistema ed attorno ad un uomo integro, attorno a Giorgio Napolitano, che saluto da qui con tutta la nostra gratitudine, la nostra stima, il nostro affetto.
Non passeranno. State certi che non passeranno. Ma ci vorranno tenuta, convinzione, grinta. E ci vorrà un’idea forte di cambiamento. Noi ci metteremo dal lato del cambiamento. Dal lato del cambiamento, ma con tutti e due i piedi nei valori della nostra Costituzione, la più bella del mondo. Noi porteremo l’Italia all’incontro con le forze migliori del progressismo europeo e metteremo le nostre idee nella piattaforma comune dei progressisti europei. Non c’è destino fuori dall’Europa ma l’Europa così non va. È dall’Europa che comincia la battaglia di cambiamento. E’ questo che ci ha detto il Presidente Napolitano in un grande discorso due giorni fa.
Care Democratiche e cari Democratici,
io credo che agli storici di domani basteranno poche righe per riassumere il senso delle convulse cronache europee, il senso di quel che è avvenuto in Europa dagli anni 90 in poi. Quelle righe diranno di un modello sociale europeo, scosso violentemente dalla globalizzazione di fine millennio. Diranno del ripiegamento politico e culturale e della reazione di chiusura che da sempre accompagnano i fenomeni di globalizzazione. Diranno di una destra politica e di insorgenze populiste che nel primo decennio del secolo hanno interpretato quel ripiegamento, vincendo ovunque; forze che si sono inchinate, in economia, ai mercati finanziari internazionali ed al tempo stesso hanno accumulato consenso smerciando egoismo, illusorie barriere nazionali, territoriali, corporative e perfino nuovi razzismi. E quelle poche righe di storia diranno purtroppo di forze democratiche e di tradizioni progressiste ferme sulle gambe, scosse, indebolite, prese nel mezzo fra nobile conservazione e subalternità a ricette di altri. Così siamo arrivati all’oggi: è stata quella regressione, che ha preso spinta dall’euro in avanti a partorire “il pasticcio del decennio europeo” come lo ha chiamato Amartya Sen. Il decennio delle destre e dei populismi, un decennio che ancora non è spento, che vive ancora. E’ stata quella regressione che ha reso impotente l’Europa davanti all’esplosione della crisi finanziaria e che ancora oggi la fa balbettare. Un continente che balbetta. Un continente che è ancora la più grande piattaforma economica del mondo. Un continente protagonista della civilizzazione del mondo; un continente che ha mostrato al mondo come si cancellano le guerre dalla storia, e che ha mostrato al mondo come si può trovare un buon equilibrio fra economia e società, quel continente oggi diventa un problema per il mondo. Perché? Perché dopo quegli anni, davanti alla crisi, si è trovato orfano della sua vera anima: la grande idea di un destino comune, la solidarietà, la generosità di un progetto comune, di un orizzonte da guardare assieme con gli occhi dei cittadini europei, delle opinioni pubbliche europee e non solo delle burocrazie europee. I vertici, le riunioni, le dichiarazioni autorevoli e ambigue non sono bastate e non bastano a colmare quel vuoto profondo. E non porta nulla litigare sulle ragioni e sui torti. Non è forse vero che i paesi oggi più in difficoltà hanno perso l’occasione dell’euro per ridurre il peso dei debiti e fare riforme? È vero. E questo da noi ha un nome e un cognome: Silvio Berlusconi e compagnia. E non è forse vero d’altro lato, che la Germania, certo avendo fatto le riforme, ha comunque guadagnato più di ogni altro paese dall’euro? Anche questo è vero. E non è forse vero che alla lunga nessuno si salva da solo, nel mondo grande e nuovo. Nemmeno i paesi più forti? È vero ma non basta più spiegare quel che è vero. Se si spegne la luce del destino comune, si diventa tutti ciechi, si perde la strada e ognuno pensa che al buio quello più debole di lui gli frugherà nelle tasche, gli ruberà qualcosa. Bisogna dunque accendere la luce di una prospettiva nuova, fermare la deriva, invertire la strada. È questo il compito culturale e politico dei progressisti europei. E non è una utopia per il semplice fatto che l’alternativa è il disastro. Per noi il sogno di Spinelli non è morto. Noi lavoriamo per gli Stati Uniti d’Europa.
È questo il messaggio che in queste settimane porteremo all’incontro con i leader progressisti europei continuando il lavoro che abbiamo cominciato assieme. Noi Progressisti Europei dobbiamo dire a piena voce quello che vogliamo, dire quale è il primo passo sulla nuova strada e dire anche dove deve portare la nuova strada. Il primo passo è rompere la spirale fra austerità e recessione. Dentro a quella spirale la crisi economica e finanziaria si aggrava, il distacco cresce, la democrazia si ammala. Il debito non è la causa della crisi ma in buona misura ne è una conseguenza. Nessun paese sottoposto a cure massacranti può davvero migliorare i conti. Il rigore è una condizione assolutamente necessaria, ma non è l’obiettivo. L’obiettivo è un’economia reale che cammini. In altre parole l’obiettivo è il lavoro. Su questo le proposte concrete dei progressisti ci sono, proposte che allentano quella spirale e allo stesso tempo rafforzano il patto comune fino a portarlo ad una vera unione economica e fiscale.
Proposte di corresponsabilità nelle politiche di bilancio e nel governo degli spread, proposte per promuovere investimenti, interventi per la regolazione della finanza, che deve pagare un po’ di quel che ha provocato, non deve più avere licenza di uccidere, deve mettersi a servizio e non a comando delle attività economiche e produttive. Ma allora, lungo la strada del rafforzamento del patto comune c’è un appuntamento che non si può più evitare e che riguarda la democrazia europea. Una ridefinizione della sovranità e della rappresentanza a cominciare dai paesi dell’euro. La questione non è cedere sovranità. Di quale sovranità parliamo? Non ce la stanno forse prendendo i mercati, la sovranità? Altroché “padroni in casa propria” come continua a dire Tremonti. Padroni di che? La questione è come riprenderci effettiva sovranità diventando di più cittadini europei e portando la democrazia ad una dimensione nella quale sia davvero possibile controllare i grandi fenomeni del nostro tempo. E allora noi proporremo che a compimento degli interventi contro la crisi e dell’impostazione del nuovo patto fiscale, all’appuntamento del prossimo Parlamento europeo, si lanci una fase costituente, una Convenzione per un nuovo Trattato che rafforzi il processo unitario europeo e il suo assetto democratico. I progressisti europei e il nuovo governo italiano dovranno farsi protagonisti di questa iniziativa e cioè di un rilancio coraggioso e ineludibile della prospettiva europea e proporre un nuovo patto costituzionale fra le grandi famiglie politiche e i paesi europei; e su questo combattere davvero e non lasciare più, davanti alle opinioni pubbliche l’iniziativa a chi lavora a rovescio verso la disgregazione.
Questa grande prospettiva non ci esime dalle urgenze di oggi. Ci sono appuntamenti dirimenti in questo mese a livello europeo. Dopo l’esito di riunioni e di vertici politici difficili da interpretare, quasi fossero scritti sulle foglie della Sibilla Cumana, in questi giorni finalmente la BCE ha detto parole chiare. Ma altre parole chiare devono venire a cominciare dai Governi europei. Le incertezze ci sono ancora. Siamo di fronte davvero ad una fase di stabilizzazione, di alleggerimento del costo del debito e dei suoi rischi? O invece i mercati vorranno forzarci a chiedere un aiuto di cui non conosciamo le condizioni? E’ forse questo che si vuole? Né Monti né noi abbiamo mai posto la questione in termini di aiuto. L’abbiamo posta nei termini di una coerente difesa comune dell’Euro e senza mai rifiutare la disciplina di politiche rigorose e condivise. Non abbiamo dubbi che davanti a questi interrogativi cruciali il Governo vorrà promuovere e condividere una risposta nazionale, alla quale intendiamo contribuire tanto in Italia quanto nelle sedi politiche ed istituzionali europee.
Care Democratiche, Cari Democratici,
l’Italia di Berlusconi, di Bossi e di Tremonti, l’Italia della destra è stata una vera protagonista della disarticolazione dell’Europa. Una protagonista dell’euroscetticismo, del ripiegamento politico e mentale, della irresponsabile produzione di una cultura tutta domestica, secondo la quale ognuno fa il furbo a casa sua e tutti assieme, a Bruxelles, si sorride in una inutile foto di gruppo. La destra italiana ha picconato la prospettiva europea e ha messo in ginocchio il nostro paese. La destra ha portato l’Italia dove non doveva essere. Nel punto più esposto della crisi, sull’orlo del precipizio. Non dovevamo essere lì, non c’era ragione che fossimo lì. C’è una responsabilità storica del berlusconismo e del leghismo. E lasciatemelo dire: una responsabilità di tutti coloro che per anni si sono voltati dall’altra parte e hanno finto di prendere per buone le castronerie di imbonitori prepotenti e rozzi, e lo hanno fatto per opportunismo o per non pagare dazio, sperando che i buchi nella nave facessero bagnare solo la terza classe. Nei lunghi anni della destra tutto, ma proprio tutto, è peggiorato e si è aggravato. Sfregiato il nostro volto nel mondo, indeboliti l’economia e la società, il lavoro, l’impresa; pregiudicata la stabilità dei conti; corrosi nel profondo lo spirito civico, la credibilità delle istituzioni e della politica, il riconoscimento delle regole, il rispetto per il diverso, la dignità della donna, valori di solidarietà e di uguaglianza. E’ stata messa a rischio l’idea stessa di comunità nazionale e di unità del nostro Paese. La civiltà del confronto è stata deformata, facendo di una persona sola, del suo potere, dei suoi interessi, delle sue abitudini, il centro della discussione pubblica e della vita del Paese. Noi rivendichiamo il merito, che non è solo nostro, ma è in grande parte nostro, di aver fermato quella deriva ad un passo dal precipizio, mandandoli a casa. Abbiamo consentito e sostenuto una transizione verso un’altra prospettiva, e lo abbiamo fatto e lo facciamo caricandoci di una responsabilità non nostra, senza poter fare quello che vorremmo fare ma facendo invece quello che dobbiamo fare, in nome dell’Italia che è davanti ad un vero pericolo.
Il Governo Monti ci ha ridato dignità nel mondo e ci ha tenuti fuori dal baratro. Il Governo Monti lavora in condizioni molto difficili, con un Parlamento in cui il rapporto di forza è lo stesso di prima, e con le mani legate dal patto disperato che Berlusconi e Tremonti hanno dovuto stringere con l’Europa, nell’assenza di ogni credibilità politica e di ogni risultato di riforma.
Voglio dirlo qui, davanti a tutti voi. La nostra parola verso il governo Monti è stata, è e sarà: lealtà. Una parola che dice l’onestà del sostegno e dice anche della franchezza delle nostre idee e delle nostre posizioni, in quel che ci piace e non ci piace, in quel che faremmo o faremo diversamente.
Noi trucchi non ne facciamo, imboscate non ne facciamo, ricatti non ne facciamo. Siamo anzi a chiedere, con ogni forza, che Monti non ceda ai quotidiani ricatti altrui. Noi diciamo la nostra e diamo il nostro contributo fin dove i numeri ci consentono di arrivare. Noi diciamo da qui, all’Europa e al mondo, davanti a mesi cruciali, che garantiremo la stabilità del governo Monti. E tuttavia parliamo senza ambiguità della prospettiva delle elezioni, sempre naturalmente che Moody’s o Standard and Poors non ce le aboliscano sostituendole con una consultazione fra banchieri. E chiediamo: ma qualcuno pensa davvero che noi si possa stare dentro la moneta comune e fuori dalla comune democrazia europea? Pensiamo di essere figli di un Dio minore e di non poter fare ciò che tutti gli altri fanno e cioè di chiedere agli elettori di indicare partiti e maggioranze univoche e coerenti per governare? O pensiamo al contrario di essere figli di un Dio maggiore e di proporre anche agli altri le nostre eterne e fantasiose ricette eccezionali. No. Qui non si tratta di misurare il tasso di presenza tecnica in un governo. Non si tratta di questo. Qui si tratta di riconoscere o no le fondamenta basiche di una democrazia. Le elezioni, dunque. Tocca agli italiani, solo agli italiani e a tutti gli italiani decidere chi governerà. Noi siamo pronti a prenderci le nostre responsabilità davanti all’Italia e al mondo. Con parole chiare. Noi consideriamo la credibilità e il rigore che Monti ha mostrato davanti al mondo un punto di non ritorno. Ma vogliamo metterci dentro più lavoro, più uguaglianza, più diritti. Questo è quello che vogliamo. E non è per noi in nessun modo in discussione quell’asse europeista e di collocazione internazionale che tutto il mondo ha visto nei governi Prodi, D’Alema, Amato e nell’azione di Ciampi, di Visco, di Padoa Schioppa. Quella è la nostra fondamentale ispirazione, il grande asse di una politica dentro al quale aggiorneremo, nella nuova situazione, le nostre proposte e la nostra iniziativa.
Parole chiare, le nostre, e impegni seri. E idee nuove, nella nuova condizione dell’Europa e del nostro Paese.
Noi vediamo la sofferenza degli italiani. Chi dice che siamo fuori dalla crisi è un irresponsabile, non sa quel che dice. La sofferenza degli italiani è grande. La vediamo. Vediamo come si spenga la speranza di lavoro dei giovani, vediamo la condizione di chi il lavoro lo perde o teme di perderlo. Vediamo l’ansia di artigiani, commercianti, imprenditori che sentono sfumare o sentono a rischio gli sforzi di una vita. Vediamo pensioni e salari di milioni di persone che si assottigliano e non bastano, davanti a prezzi che salgono, a bisogni familiari che crescono mentre la rete sociale perde colpi, i comuni sono indeboliti e le disabilità e le povertà estreme perdono aiuto. Non bastasse, a tutto questo si aggiungono scelte sbagliate che mettono in difficoltà e a volte nel dramma persone e famiglie, come quelle che si vedono oggi catalogate nella nuova categoria degli esodati, una categoria piena di incredibili ingiustizie che vanno assolutamente sanate. Al Sud gli antichi mali si aggravano, al Nord arrivano problemi che non si erano mai visti. E tuttavia restano ovunque privilegi, ci sono ricchezze che ogni giorno fuggono, rifiutando la solidarietà. Ricchezze che fuggono, povertà che restano. La grande criminalità può crescere in silenzio, nuotando come pesce nell’acqua della lunga crisi. C’è troppa solitudine, c’è troppo silenzio attorno ai bisogni. Quelli che pagano di più la crisi non sono protagonisti: diventano una cifra per la ragioneria dello Stato o per l’Istat. E la loro impressione è che tutto il resto non cambi, che chi è al riparo non venga scomodato, non solo nelle sue condizioni ma perfino nelle sue comode abitudini. Come stupirsi allora dell’estendersi del disamore, della sfiducia, della rabbia verso tutto e verso tutti? E come sempre succede, con il disamore di chi ha ragione di protestare si confonde il frastuono di chi grida per difendere il suo privilegio, di chi non vuole dare un capello per alleggerire le condizioni di tutti. E grida, e grida perché la miglior difesa è l’attacco! Tutto questo lo vediamo ma non c’è solo questo. Vediamo anche le enormi vitalità, vediamo le risorse morali ed economiche del paese, vediamo l’onestà e il civismo, vediamo anche nella crisi la forza buona della creatività e del saper fare italiano che difende il suo posto nel mondo. Sono energie che hanno bisogno di uno spiraglio di fiducia, di reazione, di riscossa. È questo il punto di leva per ripartire! L’Italia ce la farà! È questa la nostra convinzione. L’Italia avrà il suo posto nel mondo nuovo e darà un futuro alle nuove generazioni.
Con questa certezza noi, con tutti i progressisti italiani alziamo la bandiera della ricostruzione e del cambiamento, alziamo la bandiera di una riscossa italiana.
A Reggio Emilia prendiamo il nostro impegno, da Reggio Emilia lanciamo la nostra sfida. Fin qui, dentro a questo rapporto di forze, si è vista chiara comunque la nostra responsabilità. Con il nuovo rapporto di forze che chiederemo, con la maggioranza al partito democratico e a un centro sinistra di governo si vedrà il cambiamento. Il cambiamento, a cominciare dalla politica, dalle istituzioni, dai diritti, dalla nostra democrazia. È difficile cambiare finché i numeri ce li hanno quelli che non vogliono cambiare. A cominciare dalla questione cruciale della sobrietà della politica. Si dica finalmente la verità. Quel che si è fatto fin qui, dall’abolizione dei vitalizi al dimezzamento del finanziamento ai partiti, lo si è fatto su proposta e iniziativa nostra. Quel che non si è potuto fare e si dovrà fare, a cominciare dalla riduzione del numero dei parlamentari, non lo si è fatto perché gli altri hanno ribaltato il tavolo. Questa è la verità. E non accettiamo più, ad esempio, che parlando di legge elettorale si dica: la politica non riesce a cambiare. Non esiste “la politica”! Esistono le forze politiche, e ce n’è una, la nostra, che ha consegnato nel tempo la sua proposta e che ha reso trasparenti anche i punti di un possibile compromesso. I paletti che abbiamo messo a quel compromesso non riguardano i nostri interessi. Riguardano l’Italia. Che la sera delle elezioni si sappia chi può governare, interessa o no l’Italia? E che un cittadino possa aver voce nel scegliere il suo parlamentare, riguarda o no l’Italia? E che si affermi la parità di genere, o che non si possano inventare dalla sera alla mattina dei finti gruppi parlamentari, interessa o no l’Italia? Non si dica dunque: la politica! Non si metta tutti nel mucchio. E si riconosca finalmente, anche per il futuro, che la garanzia per le riforme può venire solo dalla presenza di una maggioranza riformatrice, univoca e determinata. E’ questo che ci manca! Noi chiederemo quella maggioranza agli italiani e ci impegneremo al cambiamento. Le cose da fare le sappiamo. Non c’è ragione, ad esempio, che non ci sia una rigorosa legge sui partiti. Non c’è ragione che un parlamentare o un consigliere regionale guadagnino più di un sindaco; e a partire di li non c’è ragione che in tutti i campi non ci sia un limite a retribuzioni o compensi scandalosi; e ancora, non c’è ragione che con un gioco da ragazzi si manovrino prezzi che impoveriscono le tasche di milioni di cittadini; altrettanto non c’è ragione che vengano ancora negati ai cittadini diritti basici, tradendo il terzo articolo della nostra Costituzione; che si neghino diritti a persone con disabilità, che si neghi agli omosessuali italiani il diritto all’unione civile o ad una legge contro l’omofobia, che si neghi alle donne una democrazia paritaria, che si lascino le donne nell’universo di stereotipi antichi, nella prigione di pratiche discriminatorie o perfino in balia della violenza domestica. E non c’è ragione che vengano negati nei luoghi di lavoro diritti di partecipazione e diritti sindacali. Non c’è ragione di tutto questo e di altro ancora. E su tutto questo l’esigenza di rispondere ad un appuntamento di sistema. Da decenni l’Italia è bloccata dall’impossibilità di produrre un ammodernamento della sua democrazia, e cioè una riforma vera e organica della seconda parte della Costituzione. Una riforma sempre promessa e sempre finita in un vicolo cieco. Governo, parlamento, autonomie e federalismo, regole di base nuove per la pubblica amministrazione. Un grande progetto di cambiamento su cui abbiamo le nostre idee per una nuova fase di vita della Repubblica che si tenga saldamente nei valori fondamentali della nostra Costituzione. Dopo tante disillusioni sappiamo bene che non basterà dire: la facciamo, una vera riforma delle istituzioni. Gli italiani di impegni generici ne hanno sentiti già troppi. Dovremo dire come la facciamo! Io dico che in coerenza con la proposta di una fase costituente europea, la nostra prossima Legislatura dovrà essere davvero costituente ed esordire allestendo uno strumento, a base parlamentare, che abbia il compito di redigere una riforma della seconda parte della Costituzione; uno strumento che, questa volta, garantisca per forza di norma la certezza dell’esito. Ecco allora, amici e compagni: noi cominceremo da lì, dalla democrazia e dal civismo, perché senza democrazia e civismo nuovi non potrà esserci risposta economica e sociale. E cominceremo da cose che si capiscano. Se tocca a me si comincia dal primo giorno col chiamare italiani i figli di immigrati che studiano qui e che oggi non sono né immigrati né italiani; si comincia (se non ce lo fanno risolvere adesso come fermamente vogliamo) rendendo ineleggibili corrotti e corruttori e andandogli a prendere il maltolto, come per i mafiosi e introducendo e rafforzando il falso in bilancio; si comincia non accettando più che la Fiat o l’ENI possano prendere miliardi di finanziamenti dalle banche senza andare dal notaio mentre una famiglia che si fa il mutuo per la casa deve lasciare dal notaio qualche migliaio di euro, e si comincia decidendo che ogni euro ricavato dall’evasione fiscale andrà al lavoro, all’impresa che investe, al welfare. E così via, con cose che si capiscano e che parlino finalmente di un’Italia diversa, di un’Italia che cambia. Un cambiamento per la democrazia, dunque, e un cambiamento per l’economia e la società.
Non ci potrà essere riconciliazione fra società e democrazia, se non ci sarà lavoro, lavoro vero e dignitoso, lavoro che non sia devastato dalla precarietà, lavoro che abbia voce, che abbia il diritto di esprimersi e di partecipare. Così ci disse il Cardinal Martini poco prima di andarsene dalla diocesi di Milano. Il lavoro di tutti, in particolare dei giovani e delle donne. Noi oggi, in questa crisi gravissima, difendiamo il lavoro e difendiamo i presidi produttivi minacciati. Da Reggio Emilia la nostra solidarietà e il nostro sostegno a tutti coloro che difendono il loro lavoro e a tutti gli imprenditori che si impegnano a far vivere la loro impresa. Noi saremo con l’impresa che dà lavoro, che investe, che accetta la sfida. Industria, agricoltura, artigianato, servizi, pubblica amministrazione: investire, recuperare innovazione e produttività, creare lavoro: questo è l’impegno. Fermare la recessione, allargare la base produttiva: questa è la sfida. Ogni nostra proposta ha e avrà una logica: l’Italia faccia l’Italia e porti nel mondo nuovo il suo antico saper fare, il suo gusto e la sua inventiva, la sua flessibilità; l’Italia porti tutto questo sulle frontiere di oggi: le tecnologie, l’agenda digitale, la qualità, l’efficienza energetica, l’ambiente, il territorio, la produzione culturale. Useremo in ogni campo le leve delle politiche industriali e della ricerca che sono abbandonate da anni. Proporremo alle forze economiche e sociali patti concreti, esigibili, verificabili, fuori da ogni inutile rito. Cambieremo l’agenda del paese portando l’attenzione sulle condizioni concrete di vita e di lavoro degli italiani. Le risorse ci verranno dal controllo della spesa corrente, sì; dallo smobilizzo di patrimoni pubblici, sì; dai margini che dovranno venire da un diverso costo del debito e dalla sua riduzione, sì; ma in particolare dovranno venire da una chiara e più coraggiosa politica fiscale che sposti il carico sull’evasione, sulle rendite e sulle maggiori ricchezze a favore del lavoro, degli investimenti che generano lavoro, a favore della fondamentale rete sociale e dei consumi della parte più debole della popolazione e di un ceto medio che la destra ha impoverito. Chiederemo aiuto e protagonismo agli enti locali, che per noi, l’ho detto mille volte, non sono la malattia ma parte della possibile medicina e che dovranno essere messi in condizione di produrre gli essenziali presidi sociali e una politica di investimenti diffusa. La nostra idea fondamentale è questa: produrre oggi più uguaglianza significa produrre una ricetta economica. Con le cure della destra, noi stiamo diventando uno dei paesi più diseguali al mondo! Una forbice di redditi e di condizioni troppo ampia soffoca l’economia e distrugge lavoro. Una migliore distribuzione la puoi fare certamente col fisco, ma la fai prima di tutto garantendo una base di servizi universalistici: la scuola, la sanità, le prestazioni sociali di base, la sicurezza, la giustizia. Pensiamo forse di darci un futuro nel mondo nuovo accettando in tante aree del paese una paurosa dispersione scolastica e, ovunque una riduzione e una selezione per censo delle iscrizioni all’università? O pensiamo che sia un risparmio fare a poco a poco una sanità per i ricchi e una per i poveri? O pensiamo che ci possa essere crescita con una giustizia che non è in grado di funzionare per il cittadino comune e per le imprese? Sappiamo bene che dobbiamo garantire la sostenibilità economica di questi grandi servizi. Non lo spieghino a noi, per favore! Ma il nostro modo di fare le riforme non è il loro; in questi lunghi anni si sono chiamate riforme delle vere picconate al welfare. Dunque, nelle disuguaglianze e nei divari inaccettabili del nostro paese c’è anche la traccia per una via d’uscita. Quale vantaggio ha portato al nord in questi anni aver cancellato dal vocabolario e dalle politiche la parola mezzogiorno? Quale vantaggio? L’Italia tutta, a cominciare dal nord, è sempre cresciuta in Europa quando il divario diminuiva. Adesso il divario aumenta e questo in realtà è lo spread reale più preoccupante per il nostro destino europeo. A Lamezia Terme, a fine mese, avanzeremo proposte nuove per il sud e per l’Italia e dimostreremo lì che non è solo questione di soldi (soldi che comunque non sarà più possibile rapinare per pagare le multe degli evasori delle quote latte!). Dimostreremo che le riforme che fanno bene all’Italia fanno bene anche al sud; e che sono i principi di civismo, di cittadinanza, e di legalità le risorse per una riscossa nazionale. Lo diremo due anni dopo l’uccisione di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore, ribadendo la nostra vicinanza con tutti quelli che sono sul fronte più esposto della criminalità e delle mafie: amministratori, magistrati, imprenditori, cittadini comuni. E parleremo da li della sponda mediterranea dell’Europa, che l’Europa dimentica. Di qua noi, di là un mondo che affronta incredibili novità; in mezzo un mare silenzioso che nasconde migliaia di morti: uomini, donne, bambini annegati cercando la vita, anche in questi giorni. Spesso lo abbiamo sentito ma non sempre abbiamo ascoltato davvero quello che ci cantava Lucio Dalla. Ci cantava: “Gli angeli sono gli uomini più poveri e più soli, quelli presi tra le reti”. Quelli presi tra le reti. Cancelliamo dunque questa vergogna, lanciamo un ponte di collaborazione economica, culturale, democratica. Facciamo del sud la cerniera di un’Europa che cerchi anche al sud il suo futuro. E non accettiamo più la strage di chi cerca la libertà e l’abbandono di chi cerca rifugio. Come in Siria. Si imponga una tregua alle armi, si aprano corridoi umanitari, si assistano i rifugiati, se ne vada il dittatore. Milioni e milioni di persone in tutto il mediterraneo del sud, in tutto il Medio Oriente aspettano una voce più forte dell’Europa e dell’Italia perché in quel paese la strage sia fermata. Facciamo anche noi sentire da qui la nostra voce di sdegno e di solidarietà.
Cari amici e compagni,
sulla base di tutto quello che ho detto fin qui, il nostro appello largo e generoso si rivolge a tutte le forze politiche e civiche del grande campo progressista che siano disposte a prendersi le loro responsabilità davanti alla sfida più difficile. Ancora mesi duri davanti a noi; grandi difficoltà sociali, rischi ulteriori di distacco e di spaesamento; e mesi tuttavia che preparano un appuntamento elettorale decisivo; mesi nei quali coloro che non ci vogliono non si risparmieranno nulla, non lasceranno nulla di intentato. Questo dobbiamo saperlo. Ci prenderemo un impegno per il governo del Paese, un impegno che questa volta non potrà tollerare nè incertezze nè ambiguità nè divisioni. La nostra Carta di Intenti, che vi invito a leggere e a far leggere, propone patti chiari ed esigibili davanti ai cittadini e solleva con forza una parola: responsabilità. Il nostro percorso sarà un percorso aperto e democratico. Noi costruiremo la governabilità a partire dalla partecipazione attiva e vera dei cittadini. È questo il senso della nostra proposta di riforma della politica. E’ questo anche il senso delle primarie dei progressisti. Dal primo giorno ho detto: se toccherà a me non metterò mai il mio nome sul simbolo. Dal primo giorno abbiamo detto: la trasparenza e le regole democratiche di ogni singola forza politica sono un patrimonio di tutti, che deve essere esigibile da tutti. Adesso già in due o tre, lo vedete, si tolgono dal simbolo. Adesso qualcuno si accorge che la sacrosanta libertà della rete può ospitare meccanismi di condizionamento e di controllo e che la democrazia è indivisibile e non consente distinzioni fra l’universo materiale e quello immateriale. No, basta! I modelli personalistici, plebiscitari e populisti l’Italia li ha già pagati abbastanza e non deve pagarli di più! Sono modelli per cui qualcuno suona il piffero (mediamente un miliardario) e il popolo è a seguire. O modelli nuovi in cui qualcuno comanda stando in un tabernacolo e non rispondendo a nessuno. Modelli in cui non c’è più nè destra nè sinistra, in cui non c’è più la critica ma c’è lo sputo, c’è la pretesa di aver il monopolio della morale, c’è la domanda aggressiva ma non c’è mai la risposta seria, vera e concreta. A proposito di chi è nuovo e di chi non lo è, provino a fare come noi: si mettano in gioco con una partecipazione vera, a viso aperto e a faccia a faccia con cittadini veri. E discutano finalmente di Italia con gli italiani in carne ed ossa. Questo saranno le nostre primarie per la scelta del candidato dei progressisti alla guida del governo. Si discuterà di Italia non di noi. Per discutere di noi ci sarà l’anno prossimo un libero congresso. Per discutere dei parlamentari del PD ci saranno forme vere di partecipazione. Non ci sono qui, adesso, bilance, bilancini o tribunali da allestire. Qui si parla di Italia e di come portarla fuori dalle più gravi difficoltà da sessant’anni a questa parte. Di questo si discuterà stringendo un patto non ambiguo con le forze politiche progressiste disposte a costruire un centrosinistra di governo. Le stiamo incontrando in questi giorni. E si discuterà come abbiamo già largamente cominciato a fare con tutte quelle formazioni sociali, civiche, culturali che vorranno darci in piena autonomia il loro contributo davanti ad una politica, la nostra, che rivendica il suo ruolo, assume le sue responsabilità ma riconosce il suo limite. E vogliamo che il grande campo progressista si rivolga in modo aperto a tutte le forze moderate, costituzionali ed europeiste disposte a mettere un argine alle destre e alle tendenze regressive e populiste che minacciano l’Europa e l’Italia, disposte ad impegnarsi per la ricostruzione del Paese e per il rilancio del progetto europeo.
Ecco allora, Democratiche e Democratici, l’orgoglio e la forza del nostro Partito. La grande stagione dell’Ulivo di Romano Prodi sollevò con le primarie la canzone popolare e annunciò il Partito Democratico. Dal Lingotto ad oggi, in quattro anni la scommessa del Partito Democratico è stata vinta. Tanto, tanto ancora dobbiamo migliorare, tanto ancora dobbiamo crescere. Ma siamo il primo partito del paese, un partito di governo in moltissimi luoghi d’Italia dopo le vittorie amministrative. Il Pd è la speranza di questo paese. Non la tradiremo a cominciare dal rispetto che noi stessi dobbiamo portare verso quello che siamo. Il nostro dibattito deve rafforzare questo rispetto, non indebolirlo. Riconoscendo tutto quello che dovrà migliorare, sta a noi tuttavia trasmettere l’orgoglio e la dignità di quello che siamo. A tentare di demolirci ci pensano gli altri! È il loro mestiere, non è il nostro. Il rinnovamento del nostro partito è una necessità e una straordinaria opportunità. Non è questo in discussione. In discussione sono i criteri, le logiche e i modi di questo rinnovamento. Nelle organizzazioni territoriali del Partito e nelle esperienze di governo locale si è largamente messa in campo e si è sperimentata una generazione nuova. Non abbiamo certo fatto peggio di altre forze politiche né delle imprese, delle banche, delle università o dei giornali di un’Italia che fatica a rinnovarsi. Sarebbe apprezzabile che chi ci fa la morale sul bisogno del nuovo non emettesse sentenze dall’alto della sua inamovibilità! Detto questo, noi siamo adesso in condizione di spingere avanti questo rinnovamento e di portarlo a nuove responsabilità nella politica, nelle istituzioni, e, come tutti vogliamo, nel governo del paese. Chiederò l’impegno e la generosità di tutti perché il processo cammini e io stesso mi faccio garante che dal prossimo anno le responsabilità verranno messe via via e ampiamente sulle spalle della nuova generazione. Siatene certi, questo avverrà. Rinnovare è un fatto generazionale e un fatto di genere, ovviamente, che va tuttavia collegato, altrettanto ovviamente, a criteri di qualità e di merito. Qualità e merito non li stabilisce il Segretario; nemmeno tuttavia li certifica il primo che passa per strada. Qualità e merito li misuri in esperienze vere, là dove sei, esperienze nelle quali si siano potute riconoscere capacità, competenza e generosità verso l’interesse collettivo. Questa è la politica, questa è la politica che propone il Pd a chi vuole impegnarsi; questo è quello che stiamo proponendo a duemila giovani del sud in formazione da mesi. Questo è quello che stiamo proponendo all’organizzazione dei Giovani Democratici che sono qui con noi e che saluto. Generosità vuol dire una cosa semplice. Prima c’è l’Italia, poi c’è il Pd e il suo progetto per l’Italia poi ci sono le ambizioni personali. Questo vale per tutti, a cominciare dal Segretario, che anche per questo non ha voluto mettere se stesso al riparo di una regola. E con la stessa determinazione ripeto quel che ho già detto: la ruota girerà ma nel rispetto di tutti, di tutti quelli che ci hanno portati fin qui, di quelli che hanno avuto la forza di portarci in Europa e di immaginare e costruire quel nuovo partito dei riformisti che noi siamo oggi. I principi che ho richiamato e che riguardano il senso stesso della politica devono accomunarci tutti; tutti, comunque la pensiamo, se vogliamo che chi è lontano dalla politica o addirittura la disprezza abbia almeno il sospetto, il dubbio che una politica seria ed onesta possa esserci e che il Pd possa essere il barlume di speranza di quella politica.
Dunque, da Reggio Emilia un messaggio di forza, di responsabilità, di unità del Partito Democratico; un messaggio di coraggio di un partito che si mette in gioco perché si riduca l’inimicizia fra politica e società; una richiesta di fiducia verso un partito che ha in testa una cosa sola: dare una mano all’Italia. Ma da Reggio Emilia anche un richiamo fermo e forte alla responsabilità e all’unità del Partito Democratico; un richiamo che sono certo voi condividete; perché tutti, ma proprio tutti dobbiamo avere cura del bene comune che è il PD, della speranza per l’Italia che è il PD.
Care Democratiche, cari Democratici,
Cari amici e compagni,
via dunque le incertezze, via le titubanze, via i timori su questo o quel passaggio che ci sta davanti. Da domani si parte. Noi non abbiamo paura. Di che cosa mai dovremmo avere paura? Siamo molto più forti di quello che pensiamo noi stessi! Sappiamo quello che vogliamo. E per quello che è ancora incerto, per quello che non vediamo ancora chiaro del futuro, noi la bussola l’abbiamo! Quegli stessi valori a cui, prima di noi, in tanti hanno dato forza, quegli stessi valori ci aiuteranno, ci guideranno. Perché c’è chi ha saputo trovare e dare fiducia, speranze, certezze in tempi ben più drammatici di quelli che viviamo noi.
Dopo tanti decenni in noi suonano ancora le parole semplici e contadine di un grandissimo reggiano, Alcide Cervi che ebbe la forza di dire davanti ai figli morti “dopo un raccolto ne viene un altro, andiamo avanti, andiamo avanti”.
Andiamo avanti, per la ricostruzione, per il cambiamento, per la riscossa dell’Italia.
Viva il Partito Democratico. Viva l’Italia.
sabato 8 settembre 2012
PGT. I CITTADINI SCELGONO IL REFERENDUM!
PGT : I cittadini scelgono il Referendum!
Quorum raggiunto : consegnate più di 1400 firme !
Gent.li Cittadini ,
le firme sono state raccolte alla presenza di un Pubblico Ufficiale e depositate il 27 e 28 agosto 2012, nei termini previsti di legge dal Comitato Referendario e dal Consigliere Re Daniela in rappresentanza dei Consiglieri Comunali. Un fattore che ha reso complessa l’organizzazione della raccolta firme (1219 firme pari al 20% della popolazione residente con diritto di voto per raggiungere il quorum), soprattutto tenendo conto del periodo estivo ,ovviamente abbiamo accettato questa sfida insieme ai cittadini ed al Comitato Referendario,lanciata dal Sindaco Cirillo affinché la popolazione si possa esprimere su questo devastante PGT.
Il risultato è stato straordinario, i cittadini sempre più compatti hanno chiesto di essere consultati e sono ancora di più mal disposti contro questo PGT che prevede un massiccio sviluppo residenziale che andrà a stravolgere il territorio a discapito del verde, ciò non è giustificato perché siamo in presenza di un calo negli ultimi anni della popolazione di Basiglio (dati Istat) , perché la domanda residenziale è inesistente, attualmente vi sono alloggi vuoti ed i nuovi cantieri fermi a causa dell’assenza della domanda.
Abbiamo raggiunto come Partito Democratico questo obiettivo insieme ai cittadini supportando il Comitato Referendario, dopo aver fatto una battaglia in Consiglio Comunale promuovendo la Consultazione Popolare, presentata il 19 giugno 2012 e supportata da centinaia e centinaia di firme dei cittadini che chiedevano al Sindaco che si facesse lui promotore della consultazione popolare ( ma non accettata), così come fece a suo tempo il Sindaco Moneta nel 1993 , che ci vide impegnati, ieri come oggi, con il risultato positivo dell’ “Opzione ZERO - NO INSEDIAMENTI ABITATIVI”.
IMPORTANTE ! Gli ultimi momenti che concludono l’iter referendario:
\
Il Comitato dei Garanti verifica la regolarità degli atti e delle firme presentate e dichiara ammessa la regolarità e la richiesta del Referendum dandone comunicazione al Sindaco.
Il Sindaco , con l’incarico di indire il Referendum, convoca il Consiglio Comunale per predisporre la copertura finanzia della consultazione e per la presa d’atto dell’ammissione del Referendum, adottando tali provvedimenti .
La data per l’effettuazione del Referendum è stabilita dal Sindaco, sentiti i Capigruppo Consiliari e il Comitato promotore referendario.
Il Referendum deve esser convocato in tempi brevi, entro ottobre!
Il nostro impegno
Lunedì 10 settembre 2012 sarà inviata dal nostro Capogruppo Consiliare Daniela Re lettera al Sindaco affinchè convochi, appena ricevuta l’ammissibilità dal Comitato dei Garanti, il Consiglio Comunale ed i Capigruppo Consiliari per adottare il Referendum e stabilirne la data.
Un grazie a tutti, che insieme si continuano ad
IMPEGNARE PER NON CONSENTIRE CHE BASIGLIO DIVENTI LA CITTA’ DEL CEMENTO!
Giovanni Monaco
per il Coordinamento del Circolo PD
Daniela Re
Capo Gruppo Consiliare PD
Quorum raggiunto : consegnate più di 1400 firme !
Gent.li Cittadini ,
le firme sono state raccolte alla presenza di un Pubblico Ufficiale e depositate il 27 e 28 agosto 2012, nei termini previsti di legge dal Comitato Referendario e dal Consigliere Re Daniela in rappresentanza dei Consiglieri Comunali. Un fattore che ha reso complessa l’organizzazione della raccolta firme (1219 firme pari al 20% della popolazione residente con diritto di voto per raggiungere il quorum), soprattutto tenendo conto del periodo estivo ,ovviamente abbiamo accettato questa sfida insieme ai cittadini ed al Comitato Referendario,lanciata dal Sindaco Cirillo affinché la popolazione si possa esprimere su questo devastante PGT.
Il risultato è stato straordinario, i cittadini sempre più compatti hanno chiesto di essere consultati e sono ancora di più mal disposti contro questo PGT che prevede un massiccio sviluppo residenziale che andrà a stravolgere il territorio a discapito del verde, ciò non è giustificato perché siamo in presenza di un calo negli ultimi anni della popolazione di Basiglio (dati Istat) , perché la domanda residenziale è inesistente, attualmente vi sono alloggi vuoti ed i nuovi cantieri fermi a causa dell’assenza della domanda.
Abbiamo raggiunto come Partito Democratico questo obiettivo insieme ai cittadini supportando il Comitato Referendario, dopo aver fatto una battaglia in Consiglio Comunale promuovendo la Consultazione Popolare, presentata il 19 giugno 2012 e supportata da centinaia e centinaia di firme dei cittadini che chiedevano al Sindaco che si facesse lui promotore della consultazione popolare ( ma non accettata), così come fece a suo tempo il Sindaco Moneta nel 1993 , che ci vide impegnati, ieri come oggi, con il risultato positivo dell’ “Opzione ZERO - NO INSEDIAMENTI ABITATIVI”.
IMPORTANTE ! Gli ultimi momenti che concludono l’iter referendario:
\
Il Comitato dei Garanti verifica la regolarità degli atti e delle firme presentate e dichiara ammessa la regolarità e la richiesta del Referendum dandone comunicazione al Sindaco.
Il Sindaco , con l’incarico di indire il Referendum, convoca il Consiglio Comunale per predisporre la copertura finanzia della consultazione e per la presa d’atto dell’ammissione del Referendum, adottando tali provvedimenti .
La data per l’effettuazione del Referendum è stabilita dal Sindaco, sentiti i Capigruppo Consiliari e il Comitato promotore referendario.
Il Referendum deve esser convocato in tempi brevi, entro ottobre!
Il nostro impegno
Lunedì 10 settembre 2012 sarà inviata dal nostro Capogruppo Consiliare Daniela Re lettera al Sindaco affinchè convochi, appena ricevuta l’ammissibilità dal Comitato dei Garanti, il Consiglio Comunale ed i Capigruppo Consiliari per adottare il Referendum e stabilirne la data.
Un grazie a tutti, che insieme si continuano ad
IMPEGNARE PER NON CONSENTIRE CHE BASIGLIO DIVENTI LA CITTA’ DEL CEMENTO!
Giovanni Monaco
per il Coordinamento del Circolo PD
Daniela Re
Capo Gruppo Consiliare PD
mercoledì 5 settembre 2012
Lutto per il figlio di Massimo D'Avolio sindaco di Rozzano
vi comunichiamo che i funerali di Francesco D'Avolio si terranno giovedì 6 settembre 2012 alle ore 14.30 presso la chiesa di S.Angelo.
In ricordo di Francesco si terra' anche una veglia di preghiera mercoledì 5 settembre 2012 alle ore 20.30 sempre presso la parrocchia di S.Angelo.
Per chi avesse pensato ad un dono in Sua memoria, la famiglia apprezzerebbe una donazione alla Fondazione Crescere Insieme al Sant'Anna - ONLUS
( www.fondazionesantanna.it/ita/donazioni.html)
Gli estremi per effettuare una donazione sono i seguenti:
"Alla memoria di Francesco D'Avolio, piccolo tifoso juventino"
Banca Sella Ag. B1 di Torino
c/c 052866947170 ABI 03268 CAB 01010 CIN E
IBAN IT19O0326801009052866947170
Poste Italiane
c/c Postale 90390261
IBAN IT53E0760101000000090390261
A tutta la famiglia D'Avolio e al compagno Massimo, va la nostra solidarietà e vicinanza per questo dolore straziante ed improvviso.
Giovanni Monaco
Cordinamento Circolo PD "Enzo Biagi" di Basiglio
Daniela Re
CapoGruppo Consiliare PD di Basiglio
venerdì 31 agosto 2012
PGT: E ORA REFERENDUM !!! 1482 FIRME RACCOLTE , IL QUORUM PREVISTO(1219 FIRME) E'STATO AMPIAMENTE SUPERATO.
PGT :presentati altri moduli firmati e autenticati per la richiesta del Referendum Consultivo da rappresentanti del Comitato Referendario
e dal Consigliere Daniela Re
in rappresentanza dei consiglieri di opposizione che in questi due mesi si sono prodigati per l'autentica delle firme dei cittadini di Basiglio,
raccolte anche dagli iscritti al Circolo PD "E. Biagi" che fattivamente hanno dato un contributo sostanzioso a questa iniziativa.
Adesso aspettiamo il responso della verifica delle quasi 1400 firme presentate.
per il Cordinamento del Circolo PD
Giovanni Monaco
il Consigliere CapoGruppo PD
Daniela Re
PGT : E ora REFERENDUM !!!
Presentati altri moduli firmati e autenticati per la richiesta del Referendum Consultivo da rappresentanti del Comitato Referendario e
dal Consigliere Daniela Re
in rappresentanza dei consiglieri di opposizione che in questi due mesi si sono prodigati per l'autentica delle firme dei cittadini di Basiglio,
raccolte anche dagli iscritti al Circolo PD "E. Biagi" che fattivamente hanno dato un contributo sostanzioso a questa iniziativa.
Adesso aspettiamo il responso della verifica delle quasi 1400 firme presenta
Per il Cordinamento del Circolo PD
Giovanni Monaco
Il Consigliere Comunale CapoGruppo PD
Daniela Re
dal Consigliere Daniela Re
in rappresentanza dei consiglieri di opposizione che in questi due mesi si sono prodigati per l'autentica delle firme dei cittadini di Basiglio,
raccolte anche dagli iscritti al Circolo PD "E. Biagi" che fattivamente hanno dato un contributo sostanzioso a questa iniziativa.
Adesso aspettiamo il responso della verifica delle quasi 1400 firme presenta
Per il Cordinamento del Circolo PD
Giovanni Monaco
Il Consigliere Comunale CapoGruppo PD
Daniela Re
martedì 17 luglio 2012
La Città Metropolitana e gli altri comuni
Incontro dibattito
Domenica 15 Luglio si è svolto,a conclusione della Festa dei Circoli MilanoSud a Lacchiarella,l'incontro dibattito sulla "Città Metropolitana e gli altri comuni" di stretta attualità.
La sala gremita ha risposto all'invito ascoltando con attenzione gli interventi dei relatori e ponendo puntuali domande su questa novità istituzionale.
Sono stati anche toccati argomenti correlati come la spending review e il mondo del lavoro e dell'impresa.
Sono intervenuti come si può vedere dalla foto:
il parlamentare Vinicio Peluffo,
copresentatore della proposta
il consigliere regionale Franco Mirabelli e
il segretario metropolitano del partito Roberto Cornelli.
Ha coordinato i lavori il Capo Gruppo Consiliare PD di Basiglio
Daniela Re
Per il Cordinamento Circolo PD "Enzo Biagi"
Giovanni Monaco
sabato 14 luglio 2012
Bersani: “Pd, dalla parte dell’Italia con responsabilità e fiducia”
La relazione del segretario nazionale all’Assemblea del Partito Democratico a Roma:
Siamo davanti al Paese e ad un Paese molto, molto turbato. Oggi parleremo dunque di Italia, parleremo di politica e parleremo di Partito Democratico in quanto utile ad una buona politica per l’Italia. Stiamo vivendo il tempo della grande crisi, la più grande dal dopoguerra, che ci accompagnerà per un tempo non breve e secondo un percorso che nessuno oggi, in verità, è in grado di descrivere o prevedere. Un tempo non ordinario, un tempo di grande responsabilità. Abbiamo recentemente tenuto una Direzione nazionale molto importante. L’abbiamo tenuta dopo il risultato non scontato e davvero straordinario delle elezioni amministrative. Unanimemente, abbiamo detto in quella Direzione: tocca a noi. “Tocca a noi” non è una pretesa. È una assunzione di responsabilità. È un impegno a portare la nostra forza, a investire la nostra forza sul punto principale della questione italiana: il governo della lunga crisi e quindi il rapporto fra politica e società, essendo evidente che non può esserci governo della crisi in presenza di un generale discredito della politica.
Qui siamo già di fronte a un dilemma europeo. Nella lunga crisi si vanno formando e riassestando in tutta Europa i grandi orientamenti della pubblica opinione e i movimenti della politica. Non c’è dubbio che l’Europa, dopo la cura decennale della destra, sta affrontando la crisi senza la materia prima fondamentale, quella cioè della solidarietà e della cooperazione.
Ci accorgiamo che non è solo questione di interessi, ma è questione di senso comune, di ideologia. Senza quella materia prima (la reciprocità, la cooperazione, il destino comune) le ricette non possono essere generose. Le ricette sono quelle di una ortodossia imposta da chi è più al riparo, e quindi seccamente difensive, con il primato affidato a politiche restrittive che danno via libera sia alla recessione sia a fenomeni di radicalizzazione e di distacco dalla politica.
In altre parole e in ultima analisi: si sta uccidendo la fiducia, l’idea stessa che si possa uscire dai problemi. Chi scommette contro l’Euro e vuol guadagnarci, alza la posta tutti i giorni e sceglie i punti di leva più favorevoli per ribaltare il carro.
E uno dei punti di leva siamo noi, è l’Italia. Come ci ha ricordato il Governatore di Banca d’Italia più della metà del nostro spread è in realtà giocato contro l’Euro. E perché mai dovrebbe finire il gioco, se dopo un vertice europeo pur positivo, dal giorno dopo la tela di Penelope ricomincia a disfarsi? E intanto 100 punti di spread ci costano 3 miliardi all’anno e quei miliardi li inseguiamo con manovre e le manovre incoraggiano una recessione che sarà quest’anno fra il 2 e il 3 per cento.
Una cosa mai vista. Chi scommette sulla disarticolazione dell’Euro ricava di riflesso un aiuto enorme dall’estendersi di aree di scetticismo e di rifiuto all’interno della zona Euro e più largamente nei paesi dell’Unione. Nella crisi infatti si affaccia in Europa una questione democratica. Se ne parla troppo poco, davvero troppo poco. Non vado qui nel dettaglio, ma se consideriamo paesi come Gran Bretagna, Francia, Irlanda, Olanda, Danimarca, Grecia, Polonia, Finlandia, Ungheria, Norvegia, Belgio, Austria e guardiamo i più recenti dati elettorali o le più recenti rilevazioni noi vediamo ovunque, per tacere dell’Italia, formazioni politiche che, pur in diverso grado, sono antieuropee, antieuro, anti-Islam, spesso xenofobe e quasi sempre a impronta populista.
In alcuni casi si tratta dichiaratamente di formazioni neofasciste o neonaziste. Siamo a pochi giorni dall’anniversario di Utoya e non possiamo toglierci dalla mente quelle ragazze e quei ragazzi sterminati da una ideologia sanguinaria.
Queste formazioni si muovono in dimensioni che valgono o il 7, o il 12 o il 20, o il 25 per cento dei consensi e sono in grado, ecco il punto, di condizionare fortemente e di paralizzare le posizioni delle destre liberali ed europeiste. Ad esempio il progressivo coagulo di posizioni euroscettiche in Germania (già ieri nei liberali tedeschi e oggi nei cristianosociali bavaresi e nella destra CDU) la dice lunga sulle dinamiche in corso.
Ecco allora il punto politico di fondo: se crescono fenomeni di grave sbandamento e regressione, se si alzano messaggi populisti che possono nascere in luoghi diversi ma finiscono sempre a destra; se questi fenomeni hanno a che fare con una crisi che sarà ancora lunga e incerta e se conveniamo che è assurdo e distruttivo affidarsi sempre a una doppia verità, per cui ciò che va verso l’Europa lo si fa in segreto per poi raccontarlo al ribasso ad una opinione pubblica sempre più scettica, allora è necessario concludere che bisogna finalmente andare in campo aperto, alzare le bandiere e combattere davvero.
I Progressisti in Europa e in Italia hanno il dovere di unirsi credibilmente; hanno il dovere di impugnare, oltreché la questione sociale, la questione democratica e di rivolgersi a tutte le forze che credono ad una prospettiva europea, ai grandi valori delle Carte Costituzionali e ai fondamenti stessi della civilizzazione europea; hanno il dovere di proporre alle forze europeiste una vera e propria costituente europea.
Tutto questo, anche in Italia e forse in Italia più che in ogni altro Paese, è il senso di fondo del progetto e della proposta politica. Il resto è cronaca, una cronaca che spesso purtroppo finisce nel chiacchiericcio e nel pettegolezzo politico.
Ma quel che sta passando stavolta non è la cronaca, è la storia! Succedono cose che non si sono mai viste. La società le percepisce. Un piccolo imprenditore le percepisce. Un esodato le percepisce. Bisogna dare prova che lo percepiamo fino in fondo anche noi e che non ci stiamo guardando la punta delle scarpe. Nei prossimi mesi dovremo parlare all’Italia e risvegliare non un sogno ma una ragionevole fiducia, una speranza fondata. Mettendoci all’attacco.
Perché mai, non dico uno speculatore, ma un onesto risparmiatore del modo dovrebbe prestarci soldi se in Italia prendesse voti chi dice (un giorno sì e l’altro no) che bisogna uscire dall’Euro, scherzando con la prospettiva di un drammatico impoverimento di milioni e milioni di persone; o se prendesse voti chi dice che non dobbiamo pagare i debiti.
Perché mai quel risparmiatore dovrebbe aver fiducia nell’Italia se l’Italia di nuovo scegliesse la strada dell’eccezionalismo, di soluzioni sconosciute alle democrazie del mondo? Liste di fantasia, partiti per procura, leadership invisibili e senza controllo o (sono notizie di questi giorni) agghiaccianti ritorni? Perché se gli italiani scelgono soluzioni avventurose o disperate gli altri dovrebbero scommettere su di noi?
Tocca a noi. Tocca a noi risvegliare una riscossa democratica e civica, il senso di una responsabilità comune, l’orgoglio di essere italiani ed europei, l’idea di una politica fatta di gente seria, sobria e perbene; di una politica che conosce la vita comune, la frequenta, la sa interpretare. Dunque, una risposta democratica, civica, riformatrice. E una risposta di governo.
Con questa ispirazione e con questa tensione noi dobbiamo nei prossimi mesi sorreggere la transizione e accendere la prospettiva. Non ci è facile sorreggere la transizione. E guai se, nel riaffermare la nostra lealtà, noi perdessimo il contatto con il disagio forte che c’è nel Paese e lo abbandonassimo a pericolose derive.
Questo non deve significare mai mettersi in coda al disagio. Deve significare parlare al disagio e offrirgli una possibilità, una prospettiva. E ricordare innanzitutto chi ci ha portati fin qui, a questo punto della crisi economica e sociale e del rapporto fra politica e società: dieci anni disastrosi del Governo berlusconiano e leghista, dieci anni di favole e di svago, dieci anni conclusi con un patto di emergenza stretto con l’Unione Europea, non da Monti, ma da Berlusconi e Tremonti, un patto di cui mese dopo mese sentiamo il peso drammatico.
L’ho già detto: il pompiere può anche fare degli errori ma non è lui che ha appiccato il fuoco e sarebbe curioso che colui che ha appiccato il fuoco si permettesse adesso di fare le pulci al pompiere che comunque ha impedito che il fuoco dilagasse.
Noi, che ci stiamo caricando di responsabilità non nostre in nome della salvezza del Paese, noi che siamo ancora minoranza in questo Parlamento, noi abbiamo non solo il diritto ma anche il dovere di dire sempre quel che faremmo e quel che faremo davanti a misure, provvedimenti o riforme che non corrispondono o corrispondono solo in parte al nostro pensiero.
Questo vale oggi per la cosiddetta spending review. La formula contiene una sfida che raccogliamo e che raccoglieremo. Noi non siamo il partito delle tasse. Nel provvedimento ci sono contenuti che condividiamo, che sono anche nostri e che vogliamo anzi rafforzare e che riguardano la semplificazione istituzionale e il peso della pubblica amministrazione.
Ma per quello che riguarda i servizi reali alle persone, sanità, servizi locali, istruzione e cultura noi siamo per correggere e alleggerire per non aggravare una situazione già molto deteriorata.
E continuo a dire che qualcosa bisogna pur fare per muovere l’economia e contrastare la recessione. I pagamenti alle imprese, un po’ di investimenti da affidare ai Comuni, qualche misura più forte per sollecitare la mobilitazione del risparmio privato sulla casa, sul risparmio energetico, sull’agenda digitale.
Vedo che, in mezzo a tutti questi problemi, si sta aprendo una discussione singolare sul tasso di continuità o di discontinuità auspicabili rispetto a questa transizione. Non capisco il dilemma. Si intende, ad esempio, che si dovrà tenere l’asse di una ferma presenza dell’Italia nella prospettiva Europea, che bisognerà tenere i conti a posto, prendersi delle responsabilità, mettere competenza, rigore, autorevolezza nell’azione di Governo?
Sì, è così, non c’è dubbio! Tutto questo dal ’94 ad oggi sta nel DNA della nostra cultura di governo ben conosciuta e sperimentata in Europa. Significa invece che noi avremmo fatto le pensioni proprio così, l’IMU proprio così, il mercato del lavoro proprio così, le liberalizzazioni proprio così, la spending review proprio così?
Significa che dovremmo rinunciare a ribaltare la vergognosa situazione della RAI, ad avere una legge contro la corruzione, a regolare civilmente la cittadinanza, ad avere un rapporto ben diverso con gli Enti locali, e così via? Penso proprio di no.
Inviterei a non cadere sempre nella ricerca di punti di distinzione, a volte, lasciatelo dire al Segretario, un po’ metafisici, stucchevoli e fastidiosissimi per la nostra gente.
È evidente che la questione centrale non è certo Monti. La questione centrale è la base politica e parlamentare di un Governo. Questo è il problema. E qui siamo al punto sul quale dobbiamo intenderci e farci intendere. Il nostro Paese ha il diritto o no di respirare con i polmoni con cui respirano tutte le democrazie?
Lo so bene. Nella vita si fa quel che si può, e questa fase lo dimostra; ma è importante sapere ciò che si vuole e dove si vuole andare. L’Italia ha il diritto o no di costruire un bipolarismo saldamente costituzionale, temperato, flessibile che metta a confronto comunque progetti alternativi per il Paese? E aggiungo a questo una considerazione attuale più dirimente e più cogente ancora.
Con il prossimo appuntamento elettorale o si descriverà una scelta fra progetti, forze politiche e campi di forze, aperti fin che si vuole ma alternativi, o l’alternativa si rischia di farla fra populismi e resto del mondo. Chi sottovaluta questo rischio, secondo me, non coglie il profondo sommovimento che c’è nel Paese e non legge correttamente l’evoluzione della crisi.
E qui siamo alla legge elettorale. Se ne discuterà in Parlamento, anche se la strada è intralciata dalla beffa costituzionale di PDL e Lega che stanno mettendo la riforma costituzionale in un vicolo cieco. Buttano la palla in tribuna per pure ragioni propagandistiche col rischio evidente di bloccare ogni elemento possibile e sensato di riforma.
Dichiaro qui a questo proposito che noi siamo pronti a stralciare almeno la norma sulla riduzione del numero dei parlamentari. Il ogni caso, di legge elettorale si discuterà e l’oggetto del contendere non è affatto oscuro. Abbiamo da parte della destra una preclusione verso il doppio turno di collegio. Per noi resta la proposta migliore. L’abbiamo da mesi depositata in Parlamento.
Noi partiamo da lì. Davanti alle preclusioni della destra non ci arrendiamo all’idea di tenerci il porcellum che, lo abbiamo ripetuto mille volte, è una causa principe del discredito della politica. Siamo pronti a ragionare su soluzioni di compromesso ma non a rinunciare a due principi.
Primo: i cittadini, e non solo quelli italiani, la sera delle elezioni devono sapere chi è in grado di organizzare e garantire credibilmente la governabilità e quindi chiediamo un credibile premio di governabilità. Questo è il principio. Un premio che a nostro avviso deve essere attribuito a chi arriva primo sia nella forma di una lista singola sia nella forma di liste collegate.
Secondo: il cittadino deve poter decidere sul suo Parlamentare. Questo è il principio. Per noi ciò si attua nella forma del collegio, una forma nella quale i Partiti si mettono in gioco anche attraverso una persona e che consente nel tempo quel rapporto fra eletti e territorio che rinsalda una democrazia parlamentare. Questa è la posizione che noi affidiamo ai Gruppi Parlamentari nella ricerca di una soluzione.
Quanto al resto, abbiamo ribadito mille volte che nella denegata ipotesi (come direbbe un avvocato) che rimanga il Porcellum noi attiveremo meccanismi di partecipazione per le candidature che in ragione della legge elettorale che avremo siamo comunque intenzionati a promuovere.
Propongo di fermarci qui, per non dare l’impressione sbagliata di essere quelli che a parole vogliono cancellare il porcellum e nei fatti si stanno acconciando a tenerselo. Perché non è così! Noi al porcellum non ci arrendiamo! In ragione della legge elettorale ci sarà più chiaro come prospettare agli elettori quel patto di legislatura fra Progressisti e Moderati che resta la mostra proposta.
Una proposta, come dicevo poc’anzi, che non ha nulla di tattico o di politicista ma che ubbidisce invece ad una tendenza di fondo europea, a fronte di destre compromesse e cedevoli verso il condizionamento di pulsioni populiste e regressive.
È da queste ragioni di fondo che derivano i punti di avanzamento visibili di questa nostra proposta, una proposta che solo un anno fa veniva descritta dai più come illusoria. Detto questo, a noi tocca prima di tutto organizzare il campo dei democratici e progressisti.
Così come si è deciso in Direzione, lo faremo partendo da fondamentali contenuti di cui adesso parlerò e lo faremo non restringendo l’appello alle forze politiche ma allargandolo invece alle cittadinanze attive, ad associazioni e movimenti, agli amministratori, a personalità che si ritengono parte dell’area progressista.
Toccherà necessariamente al PD attivare questo confronto. Lo farò a nome vostro attorno a pochi ed essenziali concetti, figli dei nostri valori e tali da esprimere coerenza con lo sforzo programmatico che abbiamo largamente svolto in questa stessa Assemblea Nazionale.
In partenza, non ci perderemo in dettagli programmatici ma apriremo la discussione su quei cardini del progetto che possono delineare il campo dei democratici e progressisti e che lo fanno riconoscibile rispetto ad altre ispirazioni. Diremo cose che si dovranno capire. Diremo prima di tutto che l’Italia ce la farà, che ritroverà il suo posto nel mondo, che riconquisterà il suo futuro.
Diremo che per noi è la buona politica che deve accompagnare la riscossa del Paese; che abbiamo idee per legare il necessario rigore al cambiamento, all’equità, al riavvio della crescita; che non immaginiamo il destino dell’Italia fuori dall’Europa da costruire, fuori dai capisaldi della civilizzazione europea, fuori da una solidarietà attiva con chi nel mondo cerca la libertà, la dignità, i diritti, a cominciare dai popoli che vivono alla porta di casa nostra.
Diremo che siamo per una democrazia che rifiuta ogni scorciatoia e ogni primato del consenso sulle regole. Una democrazia saldamente costituzionale e che si allarga al civismo e alla partecipazione popolare, perché per noi il contrario di “populista” è “popolare”.
Una politica che rivendica il suo ruolo ma riduce i suoi confini e conosce i suoi limiti. Una politica più sobria, meno invasiva e che costi meno, e che faccia vedere che se gli italiani devono tirare la cinghia la politica deve tirarla di più. Una politica che possa riformarsi anche attraverso una legge seria sui partiti. E una riforma delle istituzioni e della seconda parte della Costituzione nella logica di un sistema parlamentare efficiente e meno ridondante e pletorico; di un federalismo ben fondato; di un ruolo incisivo del Governo, di una funzione di equilibrio del Presidente della Repubblica.
Apriremo la strada ad un meccanismo che, prendendo lezione dai fallimenti di trent’anni, consenta davvero di venirne a capo e di dare concreto valore costituente alla prossima legislatura. Tutto questo in ossequio ai fondamenti della nostra Costituzione, che è la più bella del mondo. Diremo dell’Europa, che è casa nostra. Non c’è destino per l’Italia se non c’è destino per l’Europa e l’Italia deve essere protagonista del destino europeo. Questo destino si gioca nella lunga crisi.
Se l’Europa si salva, si salva solo con risposte cooperative e comuni; quelle risposte inevitabilmente portano con sé convergenze economiche e fiscali ; quelle convergenze inevitabilmente portano con sé l’esigenza di rispondere al tema democratico.
Dunque, Istituzioni europee rappresentative, un Parlamento pienamente responsabile, un Governo legittimato, formazioni politiche europee. Affermiamo la primaria responsabilità dell’eurozona nel costruire il nuovo processo mantenendo le promesse inevase della moneta unica; perché se non si va avanti, si va indietro e indietro c’è un precipizio storico.
Legislatura costituente dunque per l’Italia e per l’Europa e la chiamata a raccolta in Italia e in Europa di tutte le forze disponibili. Qui c’è il punto di discrimine fra noi e le destre. Le destre hanno messo sull’altare l’infallibilità e la libertà assoluta del liberismo finanziario promettendo poi una egoistica difesa dai suoi effetti alle nazioni, ai territori, alle corporazioni, e perfino alle etnie.
È questa la radice dei populismi che ci disarticolano e che attaccano al cuore non solo l’economia ma i capisaldi della civiltà europea. Noi siamo contro sia al liberismo finanziario sia al populismo.
Diremo del lavoro. Il lavoro come cuore del progetto. Il lavoro dei produttori, delle persone che creano, pensano, operano, fanno impresa. Il lavoro che oltre all’antagonismo classico fra operai e impresa sta subendo una nuova forma di sfruttamento per garantire i guadagni e i lussi vergognosi della rendita finanziaria. E allora l’alleggerimento fiscale a carico di rendite di gradi patrimoni finanziari e immobiliari. E allora il contrasto alla precarietà ed alla competizione al ribasso. E allora la rottura della spirale perversa fra bassa produttività e compressione dei salari e dei diritti e la promozione di una migliore democrazia del lavoro. E l’occupazione femminile e giovanile, in particolare nel Sud, come misuratore dell’efficacia di tutte le politiche.
Arriveremo a tutto questo recuperando competitività, lavorando su tutti i fattori di innovazione e modernizzazione favorendo una ripresa degli investimenti delle imprese.
Diremo del sapere e del primato delle politiche dell’istruzione e della ricerca e del contrasto alla drammatica caduta della domanda d’istruzione: l’abbandono scolastico, la riduzione delle iscrizioni all’Università, la dilagante sfiducia dei ricercatori; e la graduale riscossa della organizzazione e dei livelli di qualità dell’offerta formativa.
Diremo dello sviluppo sostenibile, dell’economia reale e della sua centralità, e di come giocare al concreto l’unica carta che abbiamo per rimettere in movimento nella globalizzazione il saper fare italiano: collegare cioè in ogni campo consumi, produzione e servizi alle frontiere della qualità, delle tecnologie digitali, dell’efficienza energetica, dell’ambiente.
Diremo dell’uguaglianza, in un Paese che è diventato fra i più disuguali del mondo. Anche qui prima di tutto un tema di regolazione europea e mondiale: afferrare cioè la ricchezza mobiliare e immobiliare che fugge nel mondo e rifiuta il vincolo della solidarietà. E poi la ridistribuzione per via fiscale e attraverso la garanzia dei fondamentali presidi del welfare, il diritto d’accesso dei giovani ai mestieri e alle professioni, un servizio-giustizia che funzioni per i diritti e la dignità di tutti i cittadini. I divari territoriali, finalmente in una logica di reciprocità fra il nord e il sud del paese. E sopra ogni cosa il dovere, politico e morale, di guardare sempre la società con gli occhi degli ultimi.
Diremo dei beni comuni e innanzitutto della sanità, dell’istruzione, della sicurezza, campi nei quali, per noi, in via di principio, non ci può essere né povero né ricco; e poi dell’energia, dell’acqua, dei beni culturali e ambientali, beni che non lasceremo in balia del mercato ma che dovranno avere responsabilità pubblica negli obiettivi, nella padronanza dei cicli e vivere quindi in un quadro di programmazione, di regolazione, di controllo.
Diremo della libertà d’informazione, dei conflitti d’interesse, delle legislazioni antitrust in ogni area del mercato contro posizioni dominanti, rendite di posizione, disprezzo del consumatore. Diremo dei diritti, dei diritti negati a cominciare da quello fondamentale e che li muove tutti e cioè della parità di genere; della democrazia paritaria, degli stereotipi della presenza delle donne nel lavoro e nell’impresa, dell’alleggerimento e della distribuzione del carico del lavoro di cura, della violenza infame contro le donne in ambiti familiari e amicali.
Da lì cominceremo, senza fermarci lì, ma allargando lo sguardo e dicendo finalmente, come ho già detto, che un ragazzo figlio di immigrati che studia qui è un italiano. E dicendo finalmente, come ho già detto, che una coppia omosessuale ha diritto ad una dignità sociale e ad un presidio giuridico e che l’omofobia è una vergogna che va contrastata con la forza della legge.
Diremo queste ed altre cose. Non promettendo l’impossibile, non raccontando favole e senza cioè che mai possa esser messa in discussione la capacità nostra di tenere in tempi difficili la barra del rigore e di rispettare i vincoli europei che fino a quando non si modificano vanno rispettati; e di operare per alleggerire quel fardello del debito che ci zavorra.
Diremo tutto questo ma in particolare e non per ultimo, inviteremo tutti i progressisti a ragionare sulla loro responsabilità e sulla oro affidabilità. Non viviamo e non vivremo tempi ordinari. Il Governo dell’Unione ha lasciato una traccia profonda nella memoria degli italiani. Adesso c’è il PD. Dobbiamo saper mostrare che l’Italia potrà contare su un Governo e una maggioranza stabili e coesi. Ci sono dunque impegni che proporremo di sottoscrivere.
Ad esempio quello di affidare alla responsabilità del candidato Premier una composizione del Governo snella, rinnovata, competente e credibile internazionalmente; quello di consentire una cessione di sovranità e cioè di sciogliere controversie su atti rilevanti attraverso votazioni a maggioranza dei gruppi parlamentari in seduta congiunta; quello di rispettare gli obblighi internazionali che valgono sempre finché non si modificano; quello di sostenere l’azione del Governo per la difesa della moneta unica e per la costruzione europea; quello di avanzare una proposta comune verso tutte le forze democratiche ed europeiste disposte a contrastare la deriva berlusconiana e leghista ed ogni forma di regressione populista; quello di mostrare nel campo progressista una civiltà di rapporti che renda davvero credibile agli occhi degli italiani la promessa di governabilità.
Voglio dirlo subito: non tutti questi elementi sono acquisiti, ma io propongo di tenerli ben fermi. Attorno a questi fondamentali elementi chiedo all’Assemblea il mandato a promuovere una discussione larga e aperta nel Partito e con i protagonisti politici, sociali e civici del campo progressista.
Sulla base di questo confronto è nostra intenzione determinare un grande appuntamento di partecipazione per la scelta del candidato dei progressisti alla guida del Governo. Le primarie non le faremo da soli e dunque i tempi e i modi non li possiamo decidere da soli. Lasciatemelo dire con chiarezza: non si parlerà del PD, non sarà il congresso del PD. Si parlerà di Italia e di governo del Paese.
Tuttavia possiamo certamente dire quali criteri proporrà il PD per delle primarie da tenersi, come è logico, in una ragionevole distanza dalle elezioni e cioè entro la fine dell’anno. A questo proposito dalla Direzione è venuto un criterio di apertura, un criterio che suggerisce di privilegiare l’allargamento della partecipazione piuttosto che l’allestimento di barriere.
Sono personalmente molto convinto di questo criterio che corrisponde all’idea di investire, anche rischiando qualcosa, sul rapporto fra politica e società che oggi è largamente in crisi. In nome di questa stessa logica, mentre ho ritenuto giusto dichiarare da subito la candidatura del Segretario del Partito Democratico, anche in ossequio alle nostre regole statutarie, ho chiesto e chiedo tuttavia che questa non sia in via di principio una candidatura esclusiva.
Avremo dunque modo, nel tempo giusto, subito dopo la ripresa, di investire l’Assemblea dei temi regolamentari e statutari e di prendere assieme le decisioni conseguenti.
Chiarito tutto questo, chiarito il percorso e a conclusione di questa relazione io invito con molta forza il gruppo dirigente a non disperdere in queste settimane la chiave giusta del nostro rapporto con il Paese. Qui noi non stiamo aprendo le primarie. Stiamo decidendo un percorso. Credo di aver chiarito quale sia il compito immediato che abbiamo: reggere e interpretare la transizione e cominciare ad illuminare una prospettiva di nuovo governo del Paese.
La vita comune degli italiani sta subendo dei colpi e devo dire francamente che non arrivano buone notizie per l’immediato futuro. La preoccupazione di tanti scivola spesso verso l’ansia e la paura. La sfiducia diventa sempre più spesso vera tensione. Non possiamo stare in superficie. Non dobbiamo dare l’idea che siamo persi nel mucchio anche noi, in un teatrino che si agita a distanze stellari dal senso comune. Dobbiamo farci vedere sui problemi. Dove c’è un problema dobbiamo esserci.
Chiarire e chiarire sempre chi ci ha portato fin qui, qual è il senso della nostra posizione oggi e che cosa abbiamo in mente noi per costruire un percorso nuovo. Mentre chiedo di non sottrarci, in nessun luogo, al confronto con le realtà più difficili e scomode, chiedo anche che si apra in ogni luogo una fase di contatti e di dialogo con i protagonisti sociali e civili e con le autorità morali.
Se tocca a noi, è tempo di incontrare anche chi non abbiamo incontrato fin qui! Mettiamoci infine un po’ di sicurezza, di solidità e di fiducia. Ce lo dice la tragica realtà del terremoto che è anche una, seppur terribile, metafora. Non è detto che la buona politica debba restare sotto le macerie dei problemi.
Assieme ad un luogo, ad una città, ad una fabbrica che rinasce può rinascere anche il rapporto fra una buona politica e i cittadini. Fuor di metafora, ecco dunque, la nostra fiducia, la nostra certezza: l’Italia e la buona politica riprenderanno la loro strada assieme, dandosi la mano.
Siamo davanti al Paese e ad un Paese molto, molto turbato. Oggi parleremo dunque di Italia, parleremo di politica e parleremo di Partito Democratico in quanto utile ad una buona politica per l’Italia. Stiamo vivendo il tempo della grande crisi, la più grande dal dopoguerra, che ci accompagnerà per un tempo non breve e secondo un percorso che nessuno oggi, in verità, è in grado di descrivere o prevedere. Un tempo non ordinario, un tempo di grande responsabilità. Abbiamo recentemente tenuto una Direzione nazionale molto importante. L’abbiamo tenuta dopo il risultato non scontato e davvero straordinario delle elezioni amministrative. Unanimemente, abbiamo detto in quella Direzione: tocca a noi. “Tocca a noi” non è una pretesa. È una assunzione di responsabilità. È un impegno a portare la nostra forza, a investire la nostra forza sul punto principale della questione italiana: il governo della lunga crisi e quindi il rapporto fra politica e società, essendo evidente che non può esserci governo della crisi in presenza di un generale discredito della politica.
Qui siamo già di fronte a un dilemma europeo. Nella lunga crisi si vanno formando e riassestando in tutta Europa i grandi orientamenti della pubblica opinione e i movimenti della politica. Non c’è dubbio che l’Europa, dopo la cura decennale della destra, sta affrontando la crisi senza la materia prima fondamentale, quella cioè della solidarietà e della cooperazione.
Ci accorgiamo che non è solo questione di interessi, ma è questione di senso comune, di ideologia. Senza quella materia prima (la reciprocità, la cooperazione, il destino comune) le ricette non possono essere generose. Le ricette sono quelle di una ortodossia imposta da chi è più al riparo, e quindi seccamente difensive, con il primato affidato a politiche restrittive che danno via libera sia alla recessione sia a fenomeni di radicalizzazione e di distacco dalla politica.
In altre parole e in ultima analisi: si sta uccidendo la fiducia, l’idea stessa che si possa uscire dai problemi. Chi scommette contro l’Euro e vuol guadagnarci, alza la posta tutti i giorni e sceglie i punti di leva più favorevoli per ribaltare il carro.
E uno dei punti di leva siamo noi, è l’Italia. Come ci ha ricordato il Governatore di Banca d’Italia più della metà del nostro spread è in realtà giocato contro l’Euro. E perché mai dovrebbe finire il gioco, se dopo un vertice europeo pur positivo, dal giorno dopo la tela di Penelope ricomincia a disfarsi? E intanto 100 punti di spread ci costano 3 miliardi all’anno e quei miliardi li inseguiamo con manovre e le manovre incoraggiano una recessione che sarà quest’anno fra il 2 e il 3 per cento.
Una cosa mai vista. Chi scommette sulla disarticolazione dell’Euro ricava di riflesso un aiuto enorme dall’estendersi di aree di scetticismo e di rifiuto all’interno della zona Euro e più largamente nei paesi dell’Unione. Nella crisi infatti si affaccia in Europa una questione democratica. Se ne parla troppo poco, davvero troppo poco. Non vado qui nel dettaglio, ma se consideriamo paesi come Gran Bretagna, Francia, Irlanda, Olanda, Danimarca, Grecia, Polonia, Finlandia, Ungheria, Norvegia, Belgio, Austria e guardiamo i più recenti dati elettorali o le più recenti rilevazioni noi vediamo ovunque, per tacere dell’Italia, formazioni politiche che, pur in diverso grado, sono antieuropee, antieuro, anti-Islam, spesso xenofobe e quasi sempre a impronta populista.
In alcuni casi si tratta dichiaratamente di formazioni neofasciste o neonaziste. Siamo a pochi giorni dall’anniversario di Utoya e non possiamo toglierci dalla mente quelle ragazze e quei ragazzi sterminati da una ideologia sanguinaria.
Queste formazioni si muovono in dimensioni che valgono o il 7, o il 12 o il 20, o il 25 per cento dei consensi e sono in grado, ecco il punto, di condizionare fortemente e di paralizzare le posizioni delle destre liberali ed europeiste. Ad esempio il progressivo coagulo di posizioni euroscettiche in Germania (già ieri nei liberali tedeschi e oggi nei cristianosociali bavaresi e nella destra CDU) la dice lunga sulle dinamiche in corso.
Ecco allora il punto politico di fondo: se crescono fenomeni di grave sbandamento e regressione, se si alzano messaggi populisti che possono nascere in luoghi diversi ma finiscono sempre a destra; se questi fenomeni hanno a che fare con una crisi che sarà ancora lunga e incerta e se conveniamo che è assurdo e distruttivo affidarsi sempre a una doppia verità, per cui ciò che va verso l’Europa lo si fa in segreto per poi raccontarlo al ribasso ad una opinione pubblica sempre più scettica, allora è necessario concludere che bisogna finalmente andare in campo aperto, alzare le bandiere e combattere davvero.
I Progressisti in Europa e in Italia hanno il dovere di unirsi credibilmente; hanno il dovere di impugnare, oltreché la questione sociale, la questione democratica e di rivolgersi a tutte le forze che credono ad una prospettiva europea, ai grandi valori delle Carte Costituzionali e ai fondamenti stessi della civilizzazione europea; hanno il dovere di proporre alle forze europeiste una vera e propria costituente europea.
Tutto questo, anche in Italia e forse in Italia più che in ogni altro Paese, è il senso di fondo del progetto e della proposta politica. Il resto è cronaca, una cronaca che spesso purtroppo finisce nel chiacchiericcio e nel pettegolezzo politico.
Ma quel che sta passando stavolta non è la cronaca, è la storia! Succedono cose che non si sono mai viste. La società le percepisce. Un piccolo imprenditore le percepisce. Un esodato le percepisce. Bisogna dare prova che lo percepiamo fino in fondo anche noi e che non ci stiamo guardando la punta delle scarpe. Nei prossimi mesi dovremo parlare all’Italia e risvegliare non un sogno ma una ragionevole fiducia, una speranza fondata. Mettendoci all’attacco.
Perché mai, non dico uno speculatore, ma un onesto risparmiatore del modo dovrebbe prestarci soldi se in Italia prendesse voti chi dice (un giorno sì e l’altro no) che bisogna uscire dall’Euro, scherzando con la prospettiva di un drammatico impoverimento di milioni e milioni di persone; o se prendesse voti chi dice che non dobbiamo pagare i debiti.
Perché mai quel risparmiatore dovrebbe aver fiducia nell’Italia se l’Italia di nuovo scegliesse la strada dell’eccezionalismo, di soluzioni sconosciute alle democrazie del mondo? Liste di fantasia, partiti per procura, leadership invisibili e senza controllo o (sono notizie di questi giorni) agghiaccianti ritorni? Perché se gli italiani scelgono soluzioni avventurose o disperate gli altri dovrebbero scommettere su di noi?
Tocca a noi. Tocca a noi risvegliare una riscossa democratica e civica, il senso di una responsabilità comune, l’orgoglio di essere italiani ed europei, l’idea di una politica fatta di gente seria, sobria e perbene; di una politica che conosce la vita comune, la frequenta, la sa interpretare. Dunque, una risposta democratica, civica, riformatrice. E una risposta di governo.
Con questa ispirazione e con questa tensione noi dobbiamo nei prossimi mesi sorreggere la transizione e accendere la prospettiva. Non ci è facile sorreggere la transizione. E guai se, nel riaffermare la nostra lealtà, noi perdessimo il contatto con il disagio forte che c’è nel Paese e lo abbandonassimo a pericolose derive.
Questo non deve significare mai mettersi in coda al disagio. Deve significare parlare al disagio e offrirgli una possibilità, una prospettiva. E ricordare innanzitutto chi ci ha portati fin qui, a questo punto della crisi economica e sociale e del rapporto fra politica e società: dieci anni disastrosi del Governo berlusconiano e leghista, dieci anni di favole e di svago, dieci anni conclusi con un patto di emergenza stretto con l’Unione Europea, non da Monti, ma da Berlusconi e Tremonti, un patto di cui mese dopo mese sentiamo il peso drammatico.
L’ho già detto: il pompiere può anche fare degli errori ma non è lui che ha appiccato il fuoco e sarebbe curioso che colui che ha appiccato il fuoco si permettesse adesso di fare le pulci al pompiere che comunque ha impedito che il fuoco dilagasse.
Noi, che ci stiamo caricando di responsabilità non nostre in nome della salvezza del Paese, noi che siamo ancora minoranza in questo Parlamento, noi abbiamo non solo il diritto ma anche il dovere di dire sempre quel che faremmo e quel che faremo davanti a misure, provvedimenti o riforme che non corrispondono o corrispondono solo in parte al nostro pensiero.
Questo vale oggi per la cosiddetta spending review. La formula contiene una sfida che raccogliamo e che raccoglieremo. Noi non siamo il partito delle tasse. Nel provvedimento ci sono contenuti che condividiamo, che sono anche nostri e che vogliamo anzi rafforzare e che riguardano la semplificazione istituzionale e il peso della pubblica amministrazione.
Ma per quello che riguarda i servizi reali alle persone, sanità, servizi locali, istruzione e cultura noi siamo per correggere e alleggerire per non aggravare una situazione già molto deteriorata.
E continuo a dire che qualcosa bisogna pur fare per muovere l’economia e contrastare la recessione. I pagamenti alle imprese, un po’ di investimenti da affidare ai Comuni, qualche misura più forte per sollecitare la mobilitazione del risparmio privato sulla casa, sul risparmio energetico, sull’agenda digitale.
Vedo che, in mezzo a tutti questi problemi, si sta aprendo una discussione singolare sul tasso di continuità o di discontinuità auspicabili rispetto a questa transizione. Non capisco il dilemma. Si intende, ad esempio, che si dovrà tenere l’asse di una ferma presenza dell’Italia nella prospettiva Europea, che bisognerà tenere i conti a posto, prendersi delle responsabilità, mettere competenza, rigore, autorevolezza nell’azione di Governo?
Sì, è così, non c’è dubbio! Tutto questo dal ’94 ad oggi sta nel DNA della nostra cultura di governo ben conosciuta e sperimentata in Europa. Significa invece che noi avremmo fatto le pensioni proprio così, l’IMU proprio così, il mercato del lavoro proprio così, le liberalizzazioni proprio così, la spending review proprio così?
Significa che dovremmo rinunciare a ribaltare la vergognosa situazione della RAI, ad avere una legge contro la corruzione, a regolare civilmente la cittadinanza, ad avere un rapporto ben diverso con gli Enti locali, e così via? Penso proprio di no.
Inviterei a non cadere sempre nella ricerca di punti di distinzione, a volte, lasciatelo dire al Segretario, un po’ metafisici, stucchevoli e fastidiosissimi per la nostra gente.
È evidente che la questione centrale non è certo Monti. La questione centrale è la base politica e parlamentare di un Governo. Questo è il problema. E qui siamo al punto sul quale dobbiamo intenderci e farci intendere. Il nostro Paese ha il diritto o no di respirare con i polmoni con cui respirano tutte le democrazie?
Lo so bene. Nella vita si fa quel che si può, e questa fase lo dimostra; ma è importante sapere ciò che si vuole e dove si vuole andare. L’Italia ha il diritto o no di costruire un bipolarismo saldamente costituzionale, temperato, flessibile che metta a confronto comunque progetti alternativi per il Paese? E aggiungo a questo una considerazione attuale più dirimente e più cogente ancora.
Con il prossimo appuntamento elettorale o si descriverà una scelta fra progetti, forze politiche e campi di forze, aperti fin che si vuole ma alternativi, o l’alternativa si rischia di farla fra populismi e resto del mondo. Chi sottovaluta questo rischio, secondo me, non coglie il profondo sommovimento che c’è nel Paese e non legge correttamente l’evoluzione della crisi.
E qui siamo alla legge elettorale. Se ne discuterà in Parlamento, anche se la strada è intralciata dalla beffa costituzionale di PDL e Lega che stanno mettendo la riforma costituzionale in un vicolo cieco. Buttano la palla in tribuna per pure ragioni propagandistiche col rischio evidente di bloccare ogni elemento possibile e sensato di riforma.
Dichiaro qui a questo proposito che noi siamo pronti a stralciare almeno la norma sulla riduzione del numero dei parlamentari. Il ogni caso, di legge elettorale si discuterà e l’oggetto del contendere non è affatto oscuro. Abbiamo da parte della destra una preclusione verso il doppio turno di collegio. Per noi resta la proposta migliore. L’abbiamo da mesi depositata in Parlamento.
Noi partiamo da lì. Davanti alle preclusioni della destra non ci arrendiamo all’idea di tenerci il porcellum che, lo abbiamo ripetuto mille volte, è una causa principe del discredito della politica. Siamo pronti a ragionare su soluzioni di compromesso ma non a rinunciare a due principi.
Primo: i cittadini, e non solo quelli italiani, la sera delle elezioni devono sapere chi è in grado di organizzare e garantire credibilmente la governabilità e quindi chiediamo un credibile premio di governabilità. Questo è il principio. Un premio che a nostro avviso deve essere attribuito a chi arriva primo sia nella forma di una lista singola sia nella forma di liste collegate.
Secondo: il cittadino deve poter decidere sul suo Parlamentare. Questo è il principio. Per noi ciò si attua nella forma del collegio, una forma nella quale i Partiti si mettono in gioco anche attraverso una persona e che consente nel tempo quel rapporto fra eletti e territorio che rinsalda una democrazia parlamentare. Questa è la posizione che noi affidiamo ai Gruppi Parlamentari nella ricerca di una soluzione.
Quanto al resto, abbiamo ribadito mille volte che nella denegata ipotesi (come direbbe un avvocato) che rimanga il Porcellum noi attiveremo meccanismi di partecipazione per le candidature che in ragione della legge elettorale che avremo siamo comunque intenzionati a promuovere.
Propongo di fermarci qui, per non dare l’impressione sbagliata di essere quelli che a parole vogliono cancellare il porcellum e nei fatti si stanno acconciando a tenerselo. Perché non è così! Noi al porcellum non ci arrendiamo! In ragione della legge elettorale ci sarà più chiaro come prospettare agli elettori quel patto di legislatura fra Progressisti e Moderati che resta la mostra proposta.
Una proposta, come dicevo poc’anzi, che non ha nulla di tattico o di politicista ma che ubbidisce invece ad una tendenza di fondo europea, a fronte di destre compromesse e cedevoli verso il condizionamento di pulsioni populiste e regressive.
È da queste ragioni di fondo che derivano i punti di avanzamento visibili di questa nostra proposta, una proposta che solo un anno fa veniva descritta dai più come illusoria. Detto questo, a noi tocca prima di tutto organizzare il campo dei democratici e progressisti.
Così come si è deciso in Direzione, lo faremo partendo da fondamentali contenuti di cui adesso parlerò e lo faremo non restringendo l’appello alle forze politiche ma allargandolo invece alle cittadinanze attive, ad associazioni e movimenti, agli amministratori, a personalità che si ritengono parte dell’area progressista.
Toccherà necessariamente al PD attivare questo confronto. Lo farò a nome vostro attorno a pochi ed essenziali concetti, figli dei nostri valori e tali da esprimere coerenza con lo sforzo programmatico che abbiamo largamente svolto in questa stessa Assemblea Nazionale.
In partenza, non ci perderemo in dettagli programmatici ma apriremo la discussione su quei cardini del progetto che possono delineare il campo dei democratici e progressisti e che lo fanno riconoscibile rispetto ad altre ispirazioni. Diremo cose che si dovranno capire. Diremo prima di tutto che l’Italia ce la farà, che ritroverà il suo posto nel mondo, che riconquisterà il suo futuro.
Diremo che per noi è la buona politica che deve accompagnare la riscossa del Paese; che abbiamo idee per legare il necessario rigore al cambiamento, all’equità, al riavvio della crescita; che non immaginiamo il destino dell’Italia fuori dall’Europa da costruire, fuori dai capisaldi della civilizzazione europea, fuori da una solidarietà attiva con chi nel mondo cerca la libertà, la dignità, i diritti, a cominciare dai popoli che vivono alla porta di casa nostra.
Diremo che siamo per una democrazia che rifiuta ogni scorciatoia e ogni primato del consenso sulle regole. Una democrazia saldamente costituzionale e che si allarga al civismo e alla partecipazione popolare, perché per noi il contrario di “populista” è “popolare”.
Una politica che rivendica il suo ruolo ma riduce i suoi confini e conosce i suoi limiti. Una politica più sobria, meno invasiva e che costi meno, e che faccia vedere che se gli italiani devono tirare la cinghia la politica deve tirarla di più. Una politica che possa riformarsi anche attraverso una legge seria sui partiti. E una riforma delle istituzioni e della seconda parte della Costituzione nella logica di un sistema parlamentare efficiente e meno ridondante e pletorico; di un federalismo ben fondato; di un ruolo incisivo del Governo, di una funzione di equilibrio del Presidente della Repubblica.
Apriremo la strada ad un meccanismo che, prendendo lezione dai fallimenti di trent’anni, consenta davvero di venirne a capo e di dare concreto valore costituente alla prossima legislatura. Tutto questo in ossequio ai fondamenti della nostra Costituzione, che è la più bella del mondo. Diremo dell’Europa, che è casa nostra. Non c’è destino per l’Italia se non c’è destino per l’Europa e l’Italia deve essere protagonista del destino europeo. Questo destino si gioca nella lunga crisi.
Se l’Europa si salva, si salva solo con risposte cooperative e comuni; quelle risposte inevitabilmente portano con sé convergenze economiche e fiscali ; quelle convergenze inevitabilmente portano con sé l’esigenza di rispondere al tema democratico.
Dunque, Istituzioni europee rappresentative, un Parlamento pienamente responsabile, un Governo legittimato, formazioni politiche europee. Affermiamo la primaria responsabilità dell’eurozona nel costruire il nuovo processo mantenendo le promesse inevase della moneta unica; perché se non si va avanti, si va indietro e indietro c’è un precipizio storico.
Legislatura costituente dunque per l’Italia e per l’Europa e la chiamata a raccolta in Italia e in Europa di tutte le forze disponibili. Qui c’è il punto di discrimine fra noi e le destre. Le destre hanno messo sull’altare l’infallibilità e la libertà assoluta del liberismo finanziario promettendo poi una egoistica difesa dai suoi effetti alle nazioni, ai territori, alle corporazioni, e perfino alle etnie.
È questa la radice dei populismi che ci disarticolano e che attaccano al cuore non solo l’economia ma i capisaldi della civiltà europea. Noi siamo contro sia al liberismo finanziario sia al populismo.
Diremo del lavoro. Il lavoro come cuore del progetto. Il lavoro dei produttori, delle persone che creano, pensano, operano, fanno impresa. Il lavoro che oltre all’antagonismo classico fra operai e impresa sta subendo una nuova forma di sfruttamento per garantire i guadagni e i lussi vergognosi della rendita finanziaria. E allora l’alleggerimento fiscale a carico di rendite di gradi patrimoni finanziari e immobiliari. E allora il contrasto alla precarietà ed alla competizione al ribasso. E allora la rottura della spirale perversa fra bassa produttività e compressione dei salari e dei diritti e la promozione di una migliore democrazia del lavoro. E l’occupazione femminile e giovanile, in particolare nel Sud, come misuratore dell’efficacia di tutte le politiche.
Arriveremo a tutto questo recuperando competitività, lavorando su tutti i fattori di innovazione e modernizzazione favorendo una ripresa degli investimenti delle imprese.
Diremo del sapere e del primato delle politiche dell’istruzione e della ricerca e del contrasto alla drammatica caduta della domanda d’istruzione: l’abbandono scolastico, la riduzione delle iscrizioni all’Università, la dilagante sfiducia dei ricercatori; e la graduale riscossa della organizzazione e dei livelli di qualità dell’offerta formativa.
Diremo dello sviluppo sostenibile, dell’economia reale e della sua centralità, e di come giocare al concreto l’unica carta che abbiamo per rimettere in movimento nella globalizzazione il saper fare italiano: collegare cioè in ogni campo consumi, produzione e servizi alle frontiere della qualità, delle tecnologie digitali, dell’efficienza energetica, dell’ambiente.
Diremo dell’uguaglianza, in un Paese che è diventato fra i più disuguali del mondo. Anche qui prima di tutto un tema di regolazione europea e mondiale: afferrare cioè la ricchezza mobiliare e immobiliare che fugge nel mondo e rifiuta il vincolo della solidarietà. E poi la ridistribuzione per via fiscale e attraverso la garanzia dei fondamentali presidi del welfare, il diritto d’accesso dei giovani ai mestieri e alle professioni, un servizio-giustizia che funzioni per i diritti e la dignità di tutti i cittadini. I divari territoriali, finalmente in una logica di reciprocità fra il nord e il sud del paese. E sopra ogni cosa il dovere, politico e morale, di guardare sempre la società con gli occhi degli ultimi.
Diremo dei beni comuni e innanzitutto della sanità, dell’istruzione, della sicurezza, campi nei quali, per noi, in via di principio, non ci può essere né povero né ricco; e poi dell’energia, dell’acqua, dei beni culturali e ambientali, beni che non lasceremo in balia del mercato ma che dovranno avere responsabilità pubblica negli obiettivi, nella padronanza dei cicli e vivere quindi in un quadro di programmazione, di regolazione, di controllo.
Diremo della libertà d’informazione, dei conflitti d’interesse, delle legislazioni antitrust in ogni area del mercato contro posizioni dominanti, rendite di posizione, disprezzo del consumatore. Diremo dei diritti, dei diritti negati a cominciare da quello fondamentale e che li muove tutti e cioè della parità di genere; della democrazia paritaria, degli stereotipi della presenza delle donne nel lavoro e nell’impresa, dell’alleggerimento e della distribuzione del carico del lavoro di cura, della violenza infame contro le donne in ambiti familiari e amicali.
Da lì cominceremo, senza fermarci lì, ma allargando lo sguardo e dicendo finalmente, come ho già detto, che un ragazzo figlio di immigrati che studia qui è un italiano. E dicendo finalmente, come ho già detto, che una coppia omosessuale ha diritto ad una dignità sociale e ad un presidio giuridico e che l’omofobia è una vergogna che va contrastata con la forza della legge.
Diremo queste ed altre cose. Non promettendo l’impossibile, non raccontando favole e senza cioè che mai possa esser messa in discussione la capacità nostra di tenere in tempi difficili la barra del rigore e di rispettare i vincoli europei che fino a quando non si modificano vanno rispettati; e di operare per alleggerire quel fardello del debito che ci zavorra.
Diremo tutto questo ma in particolare e non per ultimo, inviteremo tutti i progressisti a ragionare sulla loro responsabilità e sulla oro affidabilità. Non viviamo e non vivremo tempi ordinari. Il Governo dell’Unione ha lasciato una traccia profonda nella memoria degli italiani. Adesso c’è il PD. Dobbiamo saper mostrare che l’Italia potrà contare su un Governo e una maggioranza stabili e coesi. Ci sono dunque impegni che proporremo di sottoscrivere.
Ad esempio quello di affidare alla responsabilità del candidato Premier una composizione del Governo snella, rinnovata, competente e credibile internazionalmente; quello di consentire una cessione di sovranità e cioè di sciogliere controversie su atti rilevanti attraverso votazioni a maggioranza dei gruppi parlamentari in seduta congiunta; quello di rispettare gli obblighi internazionali che valgono sempre finché non si modificano; quello di sostenere l’azione del Governo per la difesa della moneta unica e per la costruzione europea; quello di avanzare una proposta comune verso tutte le forze democratiche ed europeiste disposte a contrastare la deriva berlusconiana e leghista ed ogni forma di regressione populista; quello di mostrare nel campo progressista una civiltà di rapporti che renda davvero credibile agli occhi degli italiani la promessa di governabilità.
Voglio dirlo subito: non tutti questi elementi sono acquisiti, ma io propongo di tenerli ben fermi. Attorno a questi fondamentali elementi chiedo all’Assemblea il mandato a promuovere una discussione larga e aperta nel Partito e con i protagonisti politici, sociali e civici del campo progressista.
Sulla base di questo confronto è nostra intenzione determinare un grande appuntamento di partecipazione per la scelta del candidato dei progressisti alla guida del Governo. Le primarie non le faremo da soli e dunque i tempi e i modi non li possiamo decidere da soli. Lasciatemelo dire con chiarezza: non si parlerà del PD, non sarà il congresso del PD. Si parlerà di Italia e di governo del Paese.
Tuttavia possiamo certamente dire quali criteri proporrà il PD per delle primarie da tenersi, come è logico, in una ragionevole distanza dalle elezioni e cioè entro la fine dell’anno. A questo proposito dalla Direzione è venuto un criterio di apertura, un criterio che suggerisce di privilegiare l’allargamento della partecipazione piuttosto che l’allestimento di barriere.
Sono personalmente molto convinto di questo criterio che corrisponde all’idea di investire, anche rischiando qualcosa, sul rapporto fra politica e società che oggi è largamente in crisi. In nome di questa stessa logica, mentre ho ritenuto giusto dichiarare da subito la candidatura del Segretario del Partito Democratico, anche in ossequio alle nostre regole statutarie, ho chiesto e chiedo tuttavia che questa non sia in via di principio una candidatura esclusiva.
Avremo dunque modo, nel tempo giusto, subito dopo la ripresa, di investire l’Assemblea dei temi regolamentari e statutari e di prendere assieme le decisioni conseguenti.
Chiarito tutto questo, chiarito il percorso e a conclusione di questa relazione io invito con molta forza il gruppo dirigente a non disperdere in queste settimane la chiave giusta del nostro rapporto con il Paese. Qui noi non stiamo aprendo le primarie. Stiamo decidendo un percorso. Credo di aver chiarito quale sia il compito immediato che abbiamo: reggere e interpretare la transizione e cominciare ad illuminare una prospettiva di nuovo governo del Paese.
La vita comune degli italiani sta subendo dei colpi e devo dire francamente che non arrivano buone notizie per l’immediato futuro. La preoccupazione di tanti scivola spesso verso l’ansia e la paura. La sfiducia diventa sempre più spesso vera tensione. Non possiamo stare in superficie. Non dobbiamo dare l’idea che siamo persi nel mucchio anche noi, in un teatrino che si agita a distanze stellari dal senso comune. Dobbiamo farci vedere sui problemi. Dove c’è un problema dobbiamo esserci.
Chiarire e chiarire sempre chi ci ha portato fin qui, qual è il senso della nostra posizione oggi e che cosa abbiamo in mente noi per costruire un percorso nuovo. Mentre chiedo di non sottrarci, in nessun luogo, al confronto con le realtà più difficili e scomode, chiedo anche che si apra in ogni luogo una fase di contatti e di dialogo con i protagonisti sociali e civili e con le autorità morali.
Se tocca a noi, è tempo di incontrare anche chi non abbiamo incontrato fin qui! Mettiamoci infine un po’ di sicurezza, di solidità e di fiducia. Ce lo dice la tragica realtà del terremoto che è anche una, seppur terribile, metafora. Non è detto che la buona politica debba restare sotto le macerie dei problemi.
Assieme ad un luogo, ad una città, ad una fabbrica che rinasce può rinascere anche il rapporto fra una buona politica e i cittadini. Fuor di metafora, ecco dunque, la nostra fiducia, la nostra certezza: l’Italia e la buona politica riprenderanno la loro strada assieme, dandosi la mano.
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